La Stampa 28.2.18
Dai Neanderthal all’Intelligenza Artificiale
L’odissea del pensiero non è affatto finita
Il filosofo Bostrom e il paleoantropologo D’Errico “Ecco le sorprese dal futuro e dal passato”
di Gabriele Beccaria
«Non
c’è nulla di inevitabile per la nostra specie e per la nostra
sopravvivenza. Anche gli ominidi intelligenti si estinguono, come è
successo a tanti. I Neanderthal sono solo l’esempio più noto». Nick
Bostrom è nel suo ufficio alla Oxford University e, parlando del
presente iper-tecnologico e di un possibile futuro dagli esiti
parossistici, si lascia provocare sul cuore di tenebra che l’ha reso
celebre: noi umani un po’ distratti di fronte alle minacce epocali della
Superintelligenza, l’insieme dei super-poteri cognitivi generati dagli
sviluppi dell’Intelligenza Artificiale.
È un pomeriggio di fine
febbraio, a Oxford, e qualche giorno prima, a Torino, nella lezione di
GiovedìScienza, Francesco D’Errico si era detto convinto che il 22
febbraio 2018 sarà una data da ricordare, anche se molti - preda della
distrazione - la ignoreranno. «Un articolo su “Science” rivela che
l’arte rupestre non è solo un nostro retaggio. Si è scoperto in tre
grotte della Spagna che è stata propria anche dei Neanderthal - dice,
elencando una cascata di messaggi provenienti da 65 mila anni fa -.
Impronte in negativo di mani, motivi astratti e una stalagmite dipinta
di ocra». E suggerisce un altro cuore di tenebra: noi umani un po’
presuntuosi e la fine dell’ineffabile senso di superiorità che finora ci
suggeriva un termine tanto impegnativo come Sapiens.
Nick Bostrom
e Francesco D’Errico sono studiosi accomunati dall’interesse per
declinazioni diverse ma complementari dell’intelligenza. Uno è un
filosofo, professore di etica applicata, l’altro è un paleoantropologo,
professore all’Università di Bordeaux. Il primo porta sulla scena gli
universi inattesi dell’Intelligenza Artificiale, il secondo gli universi
del pensiero delle origini. E a sorpresa i Neanderthal, la specie
scomparsa 35 mila anni fa dall’Europa dopo una convivenza forzata con
noi Sapiens, stabiliscono un sottile filo rosso tra l’erratica
evoluzione dei neuroni e le cangianti prospettive dei software. Se un
cervello sofisticato non bastò ai Neanderthal per competere con noi
Sapiens, il nostro, che ha imboccato altre strade cognitive, potrebbe
non bastare per competere con le reti pensanti di prossima generazione.
Forse i Neanderthal ci sottovalutarono con disastrosa leggerezza così
come oggi si tende a sottovalutare l’impatto rivoluzionario delle
tecniche automatiche di apprendimento che vanno sotto il nome di
«machine learning» e «deep learning». Eguagliati dai cugini ominidi, che
con l’arte raggiunsero quello che consideriamo il vertice
dell’immaginario, e pressati dalle menti sintetiche, che potrebbero
eliminarci come si fa con gli insetti infestanti, dobbiamo riconoscere
che è il momento di rivedere i concetti di intelligenza e creatività a
cui siamo tanto affezionati?
Mentre intravede possibili
parallelismi tra storia profonda e presente del XXI secolo, Bostrom
sottolinea le differenze, scatenate - sottolinea - anche dal suo lavoro
di previsione e provocazione, sintetizzato nel saggio
«Superintelligenza», pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri. Da
allora le paure suscitate da super-computer autonomi, androidi pensanti e
cyborg chimerici hanno preso forme definite. E hanno trovato casa negli
istituti multidisciplinari creati dallo stesso Bostrom, solennemente
chiamati «The Future of Humanity Institute» e The Strategic Artificial
Intelligence Research Center». «Uno rappresenta la madre di tutto, il
secondo una sorta di modulo: è un passaggio transizionale verso quella
che definiamo la “governance” dell’Intelligenza Artificiale - spiega -.
Ci focalizziamo sui suoi impatti, sociale, politico e strategico, e in
contemporanea studiamo altri aspetti, come la biosicurezza e quello più
tecnico delle trasformazioni delle architetture dei computer, vale a
dire la loro “scalabilità”». Capire, interpretare, prevedere. Al di là
degli allarmi apocalittici che si conquistano titoloni sui giornali e
catalizzano gruppi di discussione sui social, Bostrom propone così una
ricetta cognitiva di analisi e profezie. E di coinvolgimento collettivo,
dagli specialisti che assemblano gli algoritmi ai governi che dovranno
regolarli.
È questa intelligenza condivisa e mutevole che D’Errico
indaga nel passato primordiale e di cui individua le tracce persistenti
che approdano fino all’era di Internet e dei saperi «crowdsourcing»,
autoalimentati da contributi spontanei e non regolati. «Probabilmente -
racconta - noi Sapiens raggiungemmo un livello sociale più elevato dei
Neanderthal. Eravamo non solo più numerosi, ma più organizzati». Il che
significa scambi strutturati di oggetti e utensili a lunghe distanze, in
una sorprendente anticipazione cavernicola della società globalizzata
dei pronipoti.
È alla base di questi commerci di punte di freccia e
arpioni, di perle decorative e, con loro, di valori simbolici e storie
tribali oggi perdute, che ipotizza un intermittente rapporto di
contaminazione tra l’intelligenza e un florilegio intellettuale ancora
più impalpabile che è la creatività. «Questa, non sempre, è stata
apprezzata: diventa un valore a partire dal Rinascimento e in
particolare in Occidente, mentre le società tradizionali dei
cacciatori-raccoglitori tendono a essere rigide». Di rado accolgono
l’innovazione individuale e quindi le idee ribelli: succede - spiega
D’Errico - sotto la spinta di esigenze improvvise e di vere emergenze,
scatenate dalle mutazioni degli habitat e dalle oscillazioni del clima.
Emergenze
ambientali all’epoca dell’ultima glaciazione ed emergenze tecnologiche
nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Prima di intervenire con regole
che impediscano un’incontrollabile deriva dell’high-tech, Bostrom
suggerisce più ricerca e contributi creativi per ideare possibili
soluzioni del problema dei problemi: come affrontare l’intreccio dei
vantaggi e dei rischi della Superintelligenza? «L’Onu discute di un
trattato contro i robot-killer e molti governi si interrogano su come
diffondere le applicazioni benefiche dei software, dalla sanità alle
auto a guida autonoma, fino alla condivisione dei dati sensibili. Senza
dimenticare la gestione di temi come la sorveglianza, la privacy e la
“discriminazione algoritmica”, che si verifica quando le forze di
polizia vengono concentrate in specifiche aree, basandosi su modelli
preordinati di eventi criminali». Un decennio fa - aggiunge - una
sensibilità simile era impensabile, mentre oggi «molti studenti scelgono
l’Intelligenza Artificiale invece della fisica e nelle università si
organizzano corsi dedicati».
Bostrom considera questa svolta come
un «upgrade» intellettuale, causa ed effetto dell’accelerazione della
ricerca teorica e applicata. «I progressi sono stati più rapidi del
previsto, con pietre miliari come AlphaGo e il riconoscimento delle
immagini, passando per la rivoluzione del “deep learning”». Dal 2014,
data della prima edizione di «Superintelligenza», ulteriori frontiere si
sono aperte, manifestandosi con nomi esotici: macchine neurali di
Turing, «reinforcement learning» o «Bayesian hyperparameter
optimization».
I neuroni artificiali, instancabili, non fanno che
migliorarsi, sebbene non tutte le loro prestazioni siano pienamente
decifrabili, come avviene con le logiche di alcune associazioni:
relegate nelle «black box», queste scatole nere funzionano in modo
autonomo e iperveloce. Impenetrabile, appunto. A differenza dei neuroni
biologici, che sotto l’attacco di neuroscienze e archeologia cedono i
loro segreti. La nostra storia cognitiva - sintetizza D’Errico - si
dipana su tre elementi: «L’esattazione culturale, cioè la capacità di
riutilizzare una precedente innovazione per un nuovo scopo, i mezzi di
trasmissione e, quindi, lo scambio dei simboli e, terzo, la plasticità
mentale, vale a dire la capacità del cervello di trasformarsi in tempi
rapidi».
Non si tratta più del meccanismo darwiniano classico.
Invece che l’emersione, una volta per tutte, di un’intelligenza
superiore, la nostra, «si afferma un diverso paradigma»: la mente si
rivela plurale e disegna un cammino di conquiste e sconfitte, di
acquisizioni e perdite, come una successione di onde, implacabili da 300
mila anni. Noi, i Neanderthal, le Super-macchine. Il ciclo è destinato a
proseguire.