venerdì 24 novembre 2017

Repubblica 24.11.17
Grazie ancora dottor Freud
di Massimo Recalcati

L’interpretazione dei sogni fu terminata da Freud nel 1899, ma la certezza dell’autore che si trattasse di un’opera destinata a fare epoca lo spinse a chiedere al suo editore di pubblicarla solo all’inizio del nuovo secolo, nel 1900. In essa si compie infatti una sovversione senza precedenti. La tesi non è solo quella che i sogni possiedono un senso che si tratta di saper decifrare, ma è innanzitutto quella che la vita della coscienza non può in nessun modo esaurire la vita psichica. In primo piano è l’esistenza, sino allora inaudita, di un soggetto inconscio, il quale però non ha più le caratteristiche irrazionali che la cultura romantica gli aveva attribuito. Il passo sovversivo di Freud consiste nel pensare l’inconscio non tanto come un calderone di istinti ribollenti – come il luogo di passioni contrastanti con l’impalcatura razionale dell’Io – ma come il luogo di un’altra specie di ragione. Il passo davvero unico e inaudito di Freud in quest’opera straordinaria consiste nel mostrare che il soggetto dell’inconscio è un soggetto colto, capace di costruire architetture complesse, mosso da intenzioni narrative. Il contrario, insomma, del bestiale, dell’irrazionale, dello schizofrenico. Stefano Massini in questo suo intenso libro, intitolato L’interpretatore dei sogni che ha come protagonista il padre della psicoanalisi, lo definirebbe, probabilmente, come un soggetto “drammaturgico”. Nella scoperta freudiana del sogno come luogo di trame narrative intricate, di retoriche raffinate, di atti linguistici sottili si manifesta infatti l’essenza stessa del teatro.
Non solo parole, storie, narrazioni, ma anche immagini plastiche, rappresentazioni, forme che si intrecciano e si susseguono. È questa la dimensione drammaturgica del sogno che interessa a Massini, la cui opera non a caso oscilla con particolare sensibilità tra la letteratura e il teatro. Ne L’interpretatore dei sogni si racconta il colpo di genio di Freud che lentamente si avvicina alla dimensione misteriosa del sogno rivelandone il senso. Lo si racconta implicando, in una finzione narrativa, la vita stessa di Freud.
L’identificazione teatrale al personaggio Sigmund sembra, infatti, reggere tutta la struttura del testo, coerentemente con la Traumdeuteung che, ricordiamolo, per buona parte è costituita dai sogni di Freud stesso. Esempio di come la scrittura si riveli sempre al suo fondo autobiografica. È con gli occhi stessi di Freud e non attraverso le categorie teoriche della psicoanalisi che Massini si accosta all’enigma del sogno.
Passo passo immagina di ricalcare le orme di Sigmund verso quel territorio straniero. Percorso che rompe l’idea del soggetto come una identità definita una volta per tutte, solida, autocosciente: «Esplorare i sogni – significa infatti – esplorare l’io che non sappiamo di essere, l’essere che non sappiamo di avere. L’altro da me, l’io che sono senza volerlo, l’io che respingo e non comprendo».
Si tratta di un movimento che ha una forte implicazione non solo estetica ma anche etica. Se il senso comune pensa la vita diurna separata da quella notturna, la vita dell’Ego distinta da quella dell’Es, come fossero due stanze non comunicanti, l’esperienza del sogno ci invita a dialettizzare questi confini rigidi. I cassetti che esso apre sono quelli «meno aperti di giorno dai nostri pensieri». La fierezza della veglia – ci ricorda il Freud di Massini – non deve semplicemente portare al macero le immagini notturne del sogno ma accoglierle come parole nuove, come luogo di una verità scomoda, scabrosa o vitale e giocosa che ci riguarda. La soluzione narrativa del sogno non è infatti solo un fatto estetico ma è anche un invito a non separare la vita dalla “carne” e dalla “voce” del desiderio che ci abita e che tendenzialmente respingiamo o non vogliamo conoscere perché incompatibile con l’immagine che l’Io ha di se stesso. In un movimento spiazzante Freud offre dignità alle piccole e apparentemente insignificanti esperienze della nostra vita. Il sogno non sorge dal narcisismo della ragione ma da detriti della nostra vita infantile e diurna, fatto di stimoli casuali che provengono dalla realtà esterna, residui diurni, resti, materiali di scarto. Fatto di cose infime e povere il sogno è, nella sua essenza, profondamente eretico. Freud ci porta a frequentare un’altra scena rispetto a quella frequentata dal logos filosofico classico. Il volto della verità non è quello teoretico dell’universale ma quello particolare dei propri sogni e di quelli che Freud incontra attraverso i suoi pazienti. È la verità eretica che abita i sogni di un soldato, di un commerciante di stoffe, di una cameriera.
È l’umanità felliniana di cui racconta il libro di Massini e che si discosta dalla retorica umanistica che celebra le virtù dell’Uomo con la u maiuscola. È questo uno dei grandi meriti della psicoanalisi: riportare l’esperienza della verità alle sue radici esistenziali e particolari. Per questa ragione il Freud di Massini assomiglia un po’ ad un chirurgo che trascrive, seziona i “tessuti interni” del sogno e un po’ ad un detective che insegue, attraverso labili tracce, la composizione definitiva di una trama compiuta. In un tempo, com’è il nostro, dominato dal feticismo dei numeri e delle quantificazioni scientiste, dal falso rigore della riduzione macchinica della vita, il libro di Massini di ricorda, con Freud, il “respiro” del sogno e della narrazione come fossero sangue senza il quale la vita è vita morta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Stefano Massini dedica un romanzo al padre della psicoanalisi E offre più di uno spunto di riflessione sull’attualità di un pensiero che ha aperto una strada alla conoscenza dell’uomo tutt’altro che superata
La sua rivoluzione sta nel considerare il nostro inconscio come il luogo di una specie diversa di ragione
Con gli occhi stessi di Sigmund, l’autore si avvicina all’enigma del sogno che ci fa esplorare un altro io