La Stampa 18.11.17
Le due sinistre e la frattura ormai irrecuperabile
di Marcello Sorgi
Ci
saranno due liste e due candidati in ogni collegio uninominale a
sinistra. Salvo sorprese (ma non nel senso di una ricomposizione
unitaria, semmai di un’ulteriore frammentazione) sarà questa la
conclusione della trattativa che Fassino, per conto di Renzi, si avvia a
certificare. Da un lato il Pd con Ap, Radicali, Verdi, socialisti e, se
l’incontro di oggi andrà bene, Campo progressista di Pisapia.
Dall’altro D’Alema, Bersani, Speranza e gli scissionisti del Pd,
Sinistra italiana (Fratoianni) e Possibile (Civati). Finisce com’era
cominciata, esce confermata la previsione di Renzi sulla mini-coalizione
attorno al suo partito, e dalla prossima settimana partiranno cannonate
dall’una e dall’altra parte.
Quelle della sinistra-sinistra
riguarderanno principalmente il Jobs Act, la riforma della riforma
dell’articolo 18, e l’età pensionabile, da bloccare secondo Mdp e Cgil,
che si accinge su questo a rompere con Gentiloni, e da innalzare a 67
anni, salvo per alcune categorie esentate dal governo, a partire dal
2019 secondo la legge Fornero. Va da sé che diventeranno due cavalli di
battaglia della prossima campagna elettorale della sinistra antirenziana
e d’opposizione.
Renzi non aveva mai scommesso sulla possibilità
di riportare a casa gli scissionisti. Ma il lavoro fatto da Fassino gli
tornerà utile innanzitutto per dimostrare a quella parte della
maggioranza interna (Franceschini) e della minoranza (Orlando) che nulla
è stato lasciato intentato per cercare di riunificare il
centrosinistra; e poi per stringere con Pisapia e recuperare l’appoggio
di Prodi, altri due risultati conseguiti o quasi dal negoziatore.
Basta
accontentarsi. Nessuno d’altra parte si nasconde le incognite
elettorali che la divisione porta con sé nelle urne. Il danno più
prevedibile riguarda i collegi uninominali, dove il centrodestra già
partiva più forte - tra il Nord e la Sicilia - e dove potrebbe
guadagnare ulteriori posizioni anche nel Centro Italia, una volta
appannaggio fisso del centrosinistra e adesso, dopo la rottura molto
meno. Ma la conseguenza più temibile per il Pd e gli avversari del suo
stesso campo è il ritorno in pista anche nei collegi uninominali, da cui
il Rosatellum sembrava escluderli, dei 5 Stelle.
Davvero un bel
risultato per il partito che aveva dato il nome del proprio capogruppo a
una legge pensata per penalizzare M5S, che, senza alleanze né
coalizione, nei collegi era destinato a perdere, e che adesso si ritrova
a sorpresa favorito rispetto a un centrosinistra diviso.