il manifesto 1.10.17
«L’indipendenza non si dichiara, sono gli altri a riconoscerla»
Sul
fronte del no - intervista al leader dei socialisti catalani Miquel
Iceta . «La Generalitat sta infrangendo tutte le leggi. È legittimo
volerle cambiare, ma senza scorciatoie come fa l’indipendentismo»
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Miquel Iceta guida i socialisti catalani (Psc) dal 2014. Ha raccolto il
timone di un partito che era il secondo granaio di voti socialisti in
Spagna dopo l’Andalusia nel suo periodo di maggiore crisi. È stato il
primo politico spagnolo negli anni 90 a fare coming out.
Come definisce quello che sta succedendo oggi?
Un’importante
mobilitazione della gente che vuole l’indipendenza. Il governo catalano
lo chiama «referendum», ma non lo sarà. Siccome non è né legale, né con
garanzie, non se ne può dedurre un mandato per l’indipendenza.
Una mobilitazione tanto grande non la impressiona?
A
me interessano tutte le cause che muovono tante persone, ma questa non
la condivido. Gli indipendentisti sono capaci di mobilitare moltissime
persone, ma dovrebbero riconoscere che non è una mobilitazione
maggioritaria. È importante e non ce ne sono altre uguali in Europa, ma
non riunisce la maggioranza dei catalani, come dimostrano le elezioni
del Parlament del 2015 (dove gli indipendentisti ottennero il 48% dei
voti, ndr).
Come mai sono così bravi?
Sono stati capaci di
condensare in una sola molte altre rivendicazioni. La gente scontenta di
come funziona il sistema politico o quelli che credono che il sistema
economico sia ingiusto, quelli che vorrebbero una Catalogna migliore,
hanno proiettato sull’indipendenza queste rivendicazioni. Come ha detto
la filosofa Marina Sobirats, l’indipendentismo è l’unica utopia
disponibile.
E perché voi non ci riuscite?
Perché noi non
proponiamo un’utopia, proponiamo un’uscita pragmatica, senza quest’epica
del «faremo un paese nuovo». A chi non piacerebbe un paese nuovo, in
cui tutto sarà possibile e i sogni saranno alla portata di tutti? Certo
che questo emoziona. Ma io penso che sia un miraggio. Sappiamo che la
nostra idea non è maggioritaria, ma rappresentiamo comunque mezzo
milione di catalani, abbiamo 122 sindaci (su 947, e che si sono
rifiutati di appoggiare il referendum, ndr) – il Pp ne ha solo 1, in un
paese di 900 abitanti, e Ciudadanos nessuno.
Non avete paura che vi si percepisca troppo vicini al Pp?
Noi
non siamo vicini al Pp, siamo gli unici ad aver cercato di scalzarlo,
con Pedro Sánchez. Ma domandiamo che si rispetti la legalità. Certo, la
causa del problema qui è il Pp, con la questione dello Statuto e con la
sua incapacità di dialogare e fare proposte.
Ha commesso illegalità in questi giorni con la repressione?
Secondo
noi no. La Generalitat invece per sua stessa ammissione sta infrangendo
tutte le leggi. Anche in Italia c’è stato un dibattito se il Veneto
poteva fare un referendum d’indipendenza, e la Corte costituzionale ha
detto di no. È un errore non rispettare le leggi. È legittimo volerle
cambiare, ma senza scorciatoie come fa l’indipendentismo.
Qual è la vostra proposta?
Cambiare
la costituzione, mai riformata seriamente dalla sua approvazione.
Vorremmo che la Spagna diventasse federale, una Catalogna con maggior
autonomia e un finanziamento migliore, e che questo accordo si possa
votare.
Non è troppo tardi?
No, e comunque lo vedremo se si voterà questa o un’altra proposta.
Nel 2012 eravate a favore del referendum.
Sì,
e anche ora: lo vogliamo sulla riforma federale. Nel 2012 proponevamo
una consulta legale e accordata, ora ne vogliamo una concreta. Loro
vogliono l’indipendenza, per noi è solo l’ultimo ricorso, e quindi
dovrebbe essere l’ultima domanda, non la prima. L’indipendentismo fa
fatica a capire che c’è gente che non la pensa come loro. È la cosa più
preoccupante. Prima di rompere, noi pensiamo valga la pena cercare un
nuovo accordo. Tutti i sondaggi dicono che su questo tema siamo pari. È
un errore risolverlo a maggioranza essendo un tema non solo politico, ma
di sentimenti di appartenenza.
Che succede ora?
Non ne ho
idea. Se sono coerenti, devono dichiarare l’indipendenza. Ma se lo
facessero, la Catalogna non sarebbe comunque indipendente, perché
l’indipendenza non si dichiara, è una cosa che gli altri devono
riconoscerti. E non vedo nessun paese europeo disposto a farlo, e meno
ancora sulla base di un referendum illegale.