domenica 22 ottobre 2017

Il Fatto 22.10.17
Facce da Weinstein: adesso per gli Usa i sessisti saremmo noi
“Asia scappa dall’Italia” - NYT, Vanity & C: ci accusano di aver attaccato l’attrice che ha denunciato 20 anni dopo i fatti il produttore porco
di Selvaggia Lucarelli

Facciamo che però adesso la facciamo finita con le leggende metropolitane sul caso Argento, eh? Facciamo che con questa manfrina che siamo un paese misogino (vero, ma non sarà questo caso a scoperchiare la pentola), che abbiamo umiliato e costretto Asia Argento a fuggire a Berlino perché lei ha denunciato e noi siamo tutti ultrà di Weinstein, ora la smettiamo. Facciamo che con le ramanzine dei giornali americani all’Italia che colpevolizza la Argento la chiudiamo per sempre. Cazzate. Sonore, roboanti cazzate, buone solo a farci del male e a partorire titoli a effetto, in cui pare che il paese si divida tra quelli che “Asia Argento ha fatto bene a denunciare” e “Asia Argento è una puttana che se l’è cercata”. Balle.
Partiamo da qui. Open Democracy, Qz, Vanity Fair, Mashable, New York Times, Slate e altre numerose testate americane hanno pubblicato articoli (spesso scritti da italiani ahimè) da titoli tipo “Nel fare a pezzi Asia Argento l’Italia sta mostrando la sua profonda natura misogina” (Quarz), “Asia Argento scappa dall’Italia dopo che l’opinione pubblica l’ha condannata per la denuncia” (Nyt) o “I giornali italiani hanno fatto così tanto slut shaming (mortificazione della puttana) su Asia Argento che lei sta lasciando l’Italia” (Mashable). Ora. A parte che anche a voler sostenere che gli italiani siano dei laidi sessisti, io vorrei ricordare agli americani che Weinstein lo stupratore è americano ed era uno degli uomini più potenti del paese idolatrato da attori e registi americani complici silenziosi. Va poi rammentato ai giornalisti americani senza macchia che i LORO giornalisti sapevano di Weinstein e della sua mano più veloce di quella dei pistoleri di Tarantino (che ora fa mea culpa) e hanno taciuto per decenni. Insabbiato reportage. Infilato nel tritacarta articoli che avrebbero chiuso per sempre la cerniera a Mr Weinstein. Ergo, le lezioni di moralità o di giornalismo da loro, in questo contesto, le rispedirei al mittente come certe avance non richieste.
In più, e forse questo è l’aspetto più grave, loro e pure tanti giornalisti italiani che parlano di linciaggio e di una fuga della Argento da un paese misogino, parlano di fuffa. Cazzate. Ripeto, cazzate. Vediamo i dati. La stampa italiana ha sostenuto in massa Asia Argento. Credo non ci siano precedenti nella storia di una discesa in campo a favore di qualcuno come nel caso di Asia. Eppure di povere signorine nessuno che denunciano stupri nell’indifferenza generale ce ne sono eh. Per lei si sono scomodate le firme più prestigiose del paese, intellettuali, editorialisti, scrittori, uomini e femministe della prima ora, nonché conduttori televisivi, registi e politici. Qualche esempio? La scrittrice Michela Murgia, la scrittrice Teresa Ciabatti, il direttore editoriale Condè Nast Luca Dini su Vanity Fair, l’ex ministro Emma Bonino, la presidente della Camera Laura Boldrini, la cantante Fiorella Mannoia, la regista Lina Wertmuller, Daniela Fedi de Il Giornale, la giornalista Giulia Innocenzi, il regista Giovanni Veronesi, il comico Maurizio Crozza, Irene Graziosi su Vice, vari blogger e giornalisti su Huffinghton Post, altri tre giornalisti sempre su Vice, Paolo Armelli su Wired, Massimo Gramellini, Giusi Fasano, Beatrice Montini e altri giornalisti sul Corriere della sera, Gianmaria Tammaro su La Stampa, Daria Bignardi su Vanity Fair, Bianca Berlinguer che l’ha intervistata a Carta Bianca, ma ci sono altre centinaia di articoli su tutte le testate grandi e piccole che è impossibile riportare per intero. Tutti a favore di Asia Argento. Se parliamo di web poi, c’è stato l’hashtag #quellavoltache ideato dalla scrittrice Giulia Blasi a supporto della Argento e dell’importanza di denunciare la violenza, che non solo ha generato 6700 tweet, 14 000 retweet e una viralità mondiale, ma è stato argomento di editoriali su web e carta. Su twitter i messaggi a favore della Argento sono stati la maggioranza, sia da parte di comuni mortali che di personaggi illustri, e chi ha provato ad esprimere anche solo perplessità sul caso è stato censurato, dileggiato e ricoperto di insulti.
Ecco. Tutto questo sembra non contare nulla. Parliamo allora di questa Italia misogina che invece ha fatto scappare la Argento in terre più giuste ed accoglienti. Quella che suggerisce fughe, giudizi e titoloni. Il giornale Libero, è vero, si è espresso con volgarità sulla questione. Solo che stiamo parlando di Libero. Non lo prendono seriamente gli italiani Libero, mi stupisce che lo ritengano rappresentativo del nostro giornalismo gli americani. L’unico Feltri lucido ormai è quello di Crozza. Poi c’è la Aspesi, ma qui la faccenda si fa delicata perché è vero che ha espresso delle perplessità sulla Argento ma è pure una delle femministe storiche del paese, quindi definirla sessista o misogina è un po’ azzardato. Poi chi sarebbero gli altri altissimi rappresentanti del giornalismo italiano che hanno criticato la Argento? Nessuno, a meno che non si considerino Adinolfi e Cruciani gli eredi di Montanelli.
Ah già, poi ci sono i vip. La conduttrice Rossella Brescia, per aver scritto “Oh, sarò racchia, ma con me non ci ha mai provato nessuno”, è stata insultata per due giorni sui social e alla fine Facebook le ha rimosso pure il post. In pratica non è neppure legittimo avere un’idea che non sia “Beatifichiamo Asia Argento”. Vladimir Luxuria ha detto che alle molestie ci si può ribellare ed è stata accusata di misoginia. Lei che da uomo ha desiderato diventare donna. Ah, poi ci sono io che avrei osato dire sulla mia bacheca facebook (neanche sul mio giornale) che “io credo al racconto di Asia Argento ma per me le eroine sono quelle che dicono NO e diventano invisibili perché non hanno più fatto carriera al cinema o in qualche ufficio”. Apriti cielo. Per questo sono stata ricoperta di insulti (pure da parte della Argento che su twitter mi ha dato della “analfabeta e tirapiedi”) e citata da articoli italiani e americani in quanto compagna di merende di Feltri, Adinolfi e dei tantissimi misogini italiani. Roba che dall’Italia dovrei scappare io anche solo per l’accostamento.
Ah, poi certo, ci sono “gli hater”. Peccato che quelli ci siano sempre. Pure se scrivo “Hey, che bel sole oggi!”, ci sono gli hater a dirmi “Hey, cos’hai contro la luna, stronza?”. C’è stata una minoranza (una grossa minoranza) che ha scritto che Asia Argento è una puttana, è vero, ma lo scrivono anche di me tutti i giorni. Io non penso che loro siano IL PAESE. Penso che siano una minima parte del paese che però fa danni enormi. Tipo essere elevata dalla stampa a “opinione pubblica italiana”, come in questo caso. Non è vero. L’hashtag #ioNONstoconasia non è esistito. È esistito invece il tormentone “Basta victim blaming!”, roba che gli italiani fino a ieri manco sapevano cosa volesse dire. Vuole dire “colpevolizzare la vittima”. Ecco, facciamo che se qualche sparuto fesso ha fatto victim blaming, in tanti, troppi (sia americani che connazionali) hanno fatto “journalist blaming”. Hanno colpevolizzato i giornalisti italiani, per distogliere l’attenzione da un fatto incontrovertibile: colei che ha denunciato Weinstein è italiana, il giornalismo italiano l’ha sostenuta, l’opinione pubblica pure e per una volta non abbiamo fatto figure di merda.