sabato 14 ottobre 2017

Il Fatto 14.10.17
Perfida Albione: bianca, arrabbiata e classista
Il Race Disparity Audit: entro il 2020 asiatici e neri con standard di vita peggiori
di Sabrina Provenzani

Un anno fa, al suo primo congresso dei Tory da primo ministro, una Theresa May che sembrava invincibile lanciò la sua visione del futuro del Regno Unito: “Credo in un Paese che funzioni per tutti, costruito sui valori di eguaglianza e opportunità, dove ognuno segue le stesse regole e – indipendentemente dalle sue origini e da quelle dei suoi genitori – ha la possibilità di diventare tutto quello che desidera”.
Come lei, figlia di un vicario di campagna arrivata, per merito, a Oxford e da lì al comando di una delle nazioni più potenti del mondo. Per questo aveva subito commissionato una ricerca approfondita sulle disuguaglianze su base razziale. Conoscere per cambiare.
In un anno, la leadership della May si è accartocciata su se stessa, schiacciata da cinque attentati terroristici, la perdita della maggioranza parlamentare, clamorosi errori politici, Brexit che comincia a far scricchiolare l’economia e il prestigio internazionale del paese.
I risultati di quella ricerca sono stati pubblicati da poco: fotografia pubblica di un paese dove la provenienza etnica condiziona il resto dell’esistenza.
Nella quarta potenza economica mondiale, patria del multiculturalismo. Si chiama Race Disparity Audit, verifica delle disparità su base razziale, ed è stato pubblicato dal governo in contemporanea al lancio di un sito dove vengono raccolti, e costantemente aggiornati, i dati pubblici disponibili sulla composizione etnica in 130 distretti di Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia, nei settori della salute, istruzione, lavoro, giustizia criminale e condizione abitativa. È una lettura che conferma molti stereotipi.
Per esempio, la proporzione di uomini di colore che finiscono in carcere è di 112 per ogni cento bianchi. Ma vengono arrestati tre volte di più.
Meno di due terzi degli appartenenti a minoranze etniche ha un lavoro, contro i tre quarti dei bianchi. Studenti cinesi e indiani eccellono, seguiti a distanza dai britannici bianchi, poi dai neri, infine dai Rom. Ma fra i bambini più poveri quelli di minoranze etniche hanno risultati migliori dei figli dei britannici bianchi, meno di un terzo dei quali raggiunge la sufficienza alla fine delle elementari. Sono i bianchi descritti nel saggio Chavs di Owen Jones: quello che resta di una working class un tempo compatta e orgogliosa della propria cultura proletaria, oggi relegata ai margini della società, massicciamente pro Brexit, incattivita verso i non-inglesi accusati di rubare lavoro ed opportunità. Dati che si intrecciano con l’impatto delle politiche di austerità: il Runnymede Trust, think tank indipendente sull’eguaglianza razziale, ha appena pubblicato una ricerca sul rapporto fra tagli e condizione delle minoranze etniche.
Se le politiche attuali continueranno, entro il 2020, le famiglie asiatiche e nere più povere subiranno un peggioramento del 20% dei loro standard di vita.
Razzismo? Sì, ma intrecciato a un aspetto ancora più pervasivo della società britannica: il classismo.
Il 13% della popolazione del Regno Unito proviene da minoranze, ma secondo una ricerca dell’organizzazione anti-discriminazione Operation Black Vote, è bianco il 97% dei componenti delle elite, nel governo, nelle Istituzioni, nel mondo della cultura e della finanza.
Un recente documentario della BBC ha esaminato le possibilità per un bambino di oggi di diventare primo ministro. Risultato: un bianco educato nella scuola pubblica ha 12 volte più chance di un nero. Un bianco educato nel sistema privato 90 volte di più.