mercoledì 27 settembre 2017

Repubblica 27.9.17
Frau Merkel e le sirene della destra si stringe la morsa di Csu e liberali
Misure più severe contro i migranti. E in Europa una politica a zero concessioni La cancelliera si farà tentare? Ecco la principale incognita dopo il voto tedesco
di Tonia Mastrobuoni

BERLINO. Si è presentato alla conferenza stampa di ieri pomeriggio spettinato e con l’aria di aver dormito poco, Horst Seehofer. Il capo della Csu porta il peso del peggior risultato che la sorella bavarese della Cdu abbia mai incassato dal 1949. I cristianosociali sono crollati di 10 punti, rispetto alle ultime elezioni, al 38%. Per un partito che per decenni ha governato la regione più ricca della Germania con la maggioranza assoluta, una batosta, soprattutto in vista delle elezioni regionali dell’anno prossimo. Ma il sessantottenne dalla chioma bianca deve essersi ulteriormente rabbuiato leggendo le agenzie che battevano ieri, una dopo l’altra, richieste di dimissioni nei suoi confronti. Qualcuna viene dai fedelissimi del suo acerrimo rivale, Markus Soeder, che vorrebbe anche succedergli alla guida del partito. Davanti ai giornalisti, però Seehofer sembra aver capito il messaggio di fondo del suo elettorato, l’accusa di “signor tentenna” che gli è arrivata da più parti.
Il leader Csu è colpevole, secondo i suoi avversari, di aver chiesto per un anno e mezzo un tetto ai profughi, cedendo, alla fine, alle politiche aperte della cancelliera. Dobbiamo «chiudere il fianco destro», ha ribadito ieri. Per la Csu la crescita esponenziale dell’Afd è il problema principale, nel Land di Monaco, la città simbolo dell’accoglienza del 2015, e dei confini verso i Paesi da cui provengono i flussi più robusti. Dunque, ha aggiunto, «non possiamo far finta di niente. Dobbiamo affrontare la questione dell’immigrazione e della sicurezza».
La Csu è solo uno degli elementi - insieme alla spaventosa avanzata dell’Afd - che rischiano di far virare a destra la cancelliera appena riconfermata, nel suo quarto e ultimo mandato. Un altro punto interrogativo è l’ala destra del suo stesso partito, altrettanto ansiosa come Seehofer di “chiudere il fianco destro” colmato dalla destra populista dell’Afd. Prima dell’elezione in Bassa Sassonia del 15 ottobre, tuttavia, sarà difficile che qualcuno scateni una ribellione contro la cancelliera. Fino alla sfida al governatore socialdemocratico del Land di Volkswagen, il partito serrerà i ranghi. Poi esponenti di spicco e possibili successori di Merkel che cominciano ad alzare la testa e sono consapevoli che nella prossima legislatura dovrà lasciare spazio a uno di loro, potrebbero cominciare a fare pressione per restituire un’identità più conservatrice al partito di Adenauer, profondamente “socialdemocratizzato” dalla cancelliera durante i dodici anni di cancellierato.
Anche sulle politiche europee, la Cdu potrebbe diventare meno aperta al resto d’Europa. Anche se Merkel ha segnalato di credere enormemente nel rilancio franco-tedesco, bisognerà aspettare la formazione del nuovo governo, per capire in che direzione vorrà muoversi. Prima di gennaio, è difficile aspettarsi l’apertura di un cantiere di riforma. Una figura chiave del rilancio sarà anche il prossimo ministro delle Finanze; ieri alcune autorevoli voci della Cdu, tra cui quella del commissario Ue Oettinger, hanno chiesto di nominare Wolfgang Schaeuble presidente del nuovo Bundestag. Un modo per tenere a freno l’aggressività dell’Afd, ma anche di liberare una casella cruciale, nei negoziati per il prossimo esecutivo.
Il terzo elemento che rischia di strattonare a destra il prossimo governo Merkel - soprattutto in vista di quello che sembra il progetto più ambizioso del suo ultimo mandato, quello del rilancio dell’eurozona - è l’eventualità di una coabitazione coi liberali della Fdp. In campagna elettorale il leader, Christian Lindner, ha detto di voler buttare fuori la Grecia dall’euro. E all’indomani del voto di domenica ha sottolineato che l’ipotesi di un budget europeo da cui attingere in caso di recessioni «è impensabile», una «linea rossa ». La riforma dell’Europa parte insomma in salita. Anzitutto per Angela Merkel.