giovedì 28 settembre 2017

Il Fatto 28.9.17
“Il ’68 ha cambiato l’esercito e la polizia più che l’università”
di Gianni Barbacetto

Non ha dubbi, Giuseppe Ortoleva, professore ordinario di Comunicazione all’Università di Torino ed esperto di televisione e massmedia. “Non possiamo stupirci per i concorsi truccati, per l’abilitazione scientifica nazionale fatta su misura per mettere in cattedra gli amici: l’università italiana è sempre stata così, o almeno un pezzo di università italiana è da molti decenni che funziona così”.
Niente di nuovo sotto il sole, professor Ortoleva?
Prima c’erano i vecchi baroni che decidevano la propria successione, poi sono stati introdotti nuovi sistemi, ma fatta la legge (male), trovato l’inganno: e le cose sono continuate come prima, o peggio di prima. È una cosa disgustosa, lo so, ma accade da sempre. Soprattutto nel campo del Diritto e della Medicina, in cui essere professore è una ciliegina sulla torta e l’attività universitaria porta solo una piccola parte dei guadagni complessivi; ma una parte importante, perché aggiungere Prof. davanti ad Avv. o a Dott. permette di incassare parcelle più consistenti.
Lei dunque non si stupisce per niente di questo scandalo e di questa inchiesta…
E invece sì, mi stupisco. Perché mi chiedo: come mai i magistrati si accorgono solo ora di un problema che c’è sempre stato? Intervengono solo ora che l’università italiana è trattata da tutti come una schifezza e i professori universitari sono vilipesi da tutti. È questo il vero problema: l’università italiana è la più maltrattata del mondo, la più sottofinanziata d’Europa e, in rapporto al Pil, del mondo. Guardi, considerando il Pil, i Paesi che al mondo mettono più risorse nell’università sono: primo lo Zimbabwe, secondo la Namibia. Da noi invece ha vinto Giulio Tremonti con il suo “la cultura non si mangia”. La destra odia la cultura, la sinistra la dà per scontata, “tanto quelli votano già per noi”. Così niente più soldi. Questo è per l’università italiana il momento peggiore di tutta la sua storia.
Però i professori universitari sono scesi in sciopero: come fossero tranvieri, ha replicato qualcuno dentro la vostra categoria.
Fanno bene a scioperare, perché sono la categoria peggio trattata di tutta la Pubblica amministrazione. Altro che tranvieri. Sono gli unici che non sono riusciti a rimuovere il blocco degli scatti allo stipendio imposto dal governo Monti. E nelle università la Cgil penalizza i professori a vantaggio del personale amministrativo. Detto questo, però, lo sciopero dei professori universitari non ha senso: gli scioperanti poi lavorano di più per recuperare il tempo dello sciopero.
Oggi a Torino anche gli studenti universitari si schierano con i professori, con un’iniziativa per “cercare prospettive comuni” e cercare di unire studenti, professori, precari “contro il definanziamento e la aziendalizzazione dell’università”.
Le rappresentanze degli studenti, in generale, sono un problema grave dentro l’università. Le vota solo una minoranza degli studenti veri e quelli che sono eletti, per esempio nel Cda, sono di solito al traino del sindacato. Bisognerebbe ripensare radicalmente il sistema di rappresentanza nelle università, la attuale governance è una piccola truffa.
L’iniziativa a Torino del gruppo Studenti Indipendenti è convocata oggi a Palazzo Campana, dove prese l’avvio la rivolta del Sessantotto. Cinquant’anni dopo…
Ma lasciamo stare il Sessantotto, per favore. Parliamo di quello che succede adesso. La verità è che il Sessantotto, nato nell’università, ha cambiato più l’esercito o la polizia che non l’università. La mia generazione, che ha fatto il Sessantotto, ha poi conquistato posizioni di potere e ha finito per accettare le vecchie regole contro cui aveva lottato. Ripeto, restiamo al presente: questi scandali sono vecchi come l’università italiana, ma la magistratura se ne accorge solo ora che l’università italiana è la più maltrattata del mondo.