La Stampa 10.7.17
“Visti a tempo per i migranti”
Bonino «lo permette una direttiva di 16 anni fa, l’Italia la applichi.Così sarà possibile smistarli negli altri Paesi Ue»
di Francesca Schianchi
«Sui
migranti per ora non abbiamo ottenuto molto dall’Europa. Ma non per
questo dobbiamo desistere», dice l’ex ministro degli Esteri Emma Bonino.
Lei propone una nuova strada, «in salita ma legale e percorribile»:
l’applicazione di una direttiva di 16 anni fa che permetterebbe di
distribuire i migranti fra Paesi europei. «Fenomeni epocali come questo
si possono affrontare solo se gli stati europei fanno fronte comune».
Partiamo con ordine: come giudica l’impegno europeo?
«Il
governo fa benissimo a premere sui partner europei in tutte le
occasioni, ma non si può dare a Bruxelles la colpa di quello che non
fanno i singoli Stati. E perché l’Europa sia capace di dare risposte va
ancora costruita: ma è difficile farlo picconandola ogni giorno. Come
Radicali, cercheremo di farlo chiamando a raccolta in autunno tutti
coloro che vogliono difendere il progetto europeo».
Come si possono coinvolgere di più e meglio i partner europei?
«Non
credo alla politica dei “pugni sul tavolo”, che non so bene neppure
cosa voglia dire, o di altre dichiarazioni eclatanti che servono forse a
fare titoli in Italia, ma non a fare passi avanti con gli altri Stati
europei. Servono durata e rigore su due piani: uno interno e uno di
pressione sugli stati membri».
In che modo?
«Sul fronte
interno, abbiamo lanciato come Radicali italiani, con un centinaio di
sindaci e molte organizzazioni laiche e cattoliche, la campagna “Ero
straniero”: una proposta di legge per superare la Bossi-Fini, estendere
l’accoglienza diffusa nei comuni rafforzando l’inclusione attraverso
formazione e inserimento lavorativo, e prevedere canali d’ingresso in
Italia per lavoro, con un permesso di soggiorno temporaneo di un anno
per la ricerca di un’occupazione. Sul fronte esterno, vale la pena
studiare la proposta avanzata dal segretario dei Radicali italiani,
Riccardo Magi, e dalla comunità di Sant’Egidio, sulla richiesta di
attivazione della direttiva 55 del 2001».
Di che si tratta?
«In
caso di afflusso massiccio di sfollati, prevede uno smistamento nei
vari Paesi attraverso una protezione temporanea di un anno prorogabile
fino a un altro anno. Verrebbe rilasciata a tutti i profughi che vengono
dalla Libia, viste le condizioni disumane che soffrono».
Come si può muovere l’Italia per ottenerne l’applicazione?
«L’Italia
chiede formalmente di portare in Consiglio europeo la richiesta di
attivazione della direttiva, e tratta coi Paesi membri affinché la
proposta passi».
E se in Consiglio fosse bocciata?
«L’Italia
può pensare a un provvedimento nazionale che richiami quella direttiva:
sarebbe un segnale forte nei confronti degli altri Stati in risposta
all’atteggiamento tenuto finora. Uno strumento di pressione efficace su
cui ragionare».
Cioè l’Italia potrebbe rilasciare visti temporanei che permettano ai migranti di muoversi in Europa?
«Sì, nel rispetto delle regole di Schengen che in ogni caso prevedono deroghe per motivi umanitari».
Perché nessuno nel governo ha mai parlato di questa direttiva?
«Mi
auguro che la stiano studiando, anche a partire dai precedenti: in
particolare quello relativo al grande afflusso dalla Tunisia dopo la
caduta di Ben Ali, nel 2011. La Francia si oppose, poi un vertice
bilaterale stabilì una “tregua” e passarono i tunisini con permesso di
soggiorno umanitario e titolo di viaggio valido».
Quali problemi potrebbe comportare la sua applicazione?
«Problemi
diplomatici o politici con i partner europei. Ma la questione
s’imporrebbe con forza, con il vantaggio di operare all’interno del
diritto europeo, senza azioni rischiose per i più deboli, i migranti».
Potrebbe essere una soluzione per gli sfollati, ma per i migranti economici?
«Questa
direttiva non risolve tutto il problema, ovviamente. Ma in realtà
varrebbe per tutti quelli che sbarcano, perché si riferisce a persone a
rischio di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o
che ne siano state vittime: e tutti quelli che hanno passato mesi nei
campi libici ci rientrano, come ben sappiamo».
C’è stato un botta e
risposta a distanza tra lei e Renzi sugli sbarchi: non è colpa di
Dublino ma di Triton se sono tutti in Italia?
«Non parlerei di
colpe, sono due cose diverse. Dublino è un regolamento degli Anni 90
molto penalizzante per l’Italia, che va rivisto. Riguardo al protocollo
operativo di Triton, e Sophia, prevede gli sbarchi in Italia, non c’è
nulla di segreto, come dice Laura Ravetto, presidente del Comitato
Schengen: fare confusione significa pescare nel torbido per cercare solo
consenso elettorale».
Nessun «accordo indicibile», come lo definisce Beppe Grillo?
«Io non ho mai detto una cosa simile».