sabato 1 luglio 2017

Il Fatto 1.7.17
“La vera sinistra c’è ma non riesce ad arrivare a Roma”
di Antonello Caporale

E se la sinistra, anche quella italiana, fosse nascosta tra le campagne, nella periferia perduta dei piccoli campanili? Se prove di governo di sinistra, nel senso tradizionale e classico del termine, fossero disseminate in comunità di poche migliaia di abitanti e li sepolte?
“Può darsi”, dice Mario Barcellona, docente di Diritto civile a Catania, che ha scritto un saggio sullo Stato morente e la sinistra perduta (Tra impero e popolo, Castelvecchi editore).
Professore, questi amministratori illuminati che hanno un sentimento con chi governano, sono come pietre preziose e perciò rari. Secondo lei partire dalla campagna, dalla montagna, dall’Italia interna dove più frequenti sono questi fenomeni di buongoverno avrebbe un senso?
Un senso ce l’avrebbe se queste azioni dimostrative di buona amministrazione giungessero fino alle periferie metropolitane, si facessero vedere ai nostri occhi.
Sembra che i migliori stiano lontani da Roma, abbiano paura persino di avvicinarsi.
I partiti non esistono più ed è smobilitato quel canale di comunicazione, l’ascensore politico non esiste e, se c’è, avvantaggia chi non sa fare, non ha parole per dire.
La sinistra italiana è rimasta senza parole e forse senza popolo.
Si è fatta scippare dalla destra, nell’ultimo quarto del secolo scorso, l’idea che nel mondo non fosse più possibile un sistema largo di welfare, che ogni sacrificio si dovesse compiere in nome della governabilità e l’unico orizzonte dovesse essere il Pil. Più produzione e a ogni costo. Che vuol dire più inoccupati, più precari, più cittadini senza cittadinanza. Ed ecco come siamo diventati.
Magma indistinto di sigle e personalità.
Scriviamo della sinistra come se fosse la sceneggiatura di un film. Ci mettiamo a tavolino e noi intellettuali disponiamo, indichiamo il giusto e l’ingiusto, la via maestra eccetera. So che è un’attitudine quasi fantastica. E so che per quanto bravi o bravissimi i D’Alema e i Bersani hanno concluso il loro ciclo vitale ma non c’è nessuno dietro di loro.
Anche nella sua Catania governa ancora Enzo Bianco, come vent’anni fa.
Le lancette dell’orologio ferme, una stasi esasperante. Come quei giorni d’afa dove il respiro si fa corto. Ecco, la politica subisce l’afa dall’inizio del nuovo secolo.
Infatti, come novità abbiamo Berlusconi e forse Prodi sul proscenio.
Non ci sono parole nuove, e non ci sono persone nuove.
Ma non s’inventano parole e persone senza popolo. Perciò le dicevo dei sindaci di campagna. Sono centinaia le testimonianze di qualità, integrità, correttezza. Dimensioni modeste, ma sul mercato della politica c’è altro di significativo e interessante?
Vero, non c’è nulla. E il Pd è divenuto compiutamente un partito di centro che rappresenta la parte superiore della clessidra sociale. La sinistra, quella che fantastico, dovrebbe impegnarsi a rappresentare gli smutandati, i senza diritti.
A chi pensa?
Naturalmente non soltanto ai poverissimi. Io credo che abbiano bisogno di vedere una rappresentanza politica coloro che sono rimasti in braghe di tela. Ceti sociali fino a ieri garantiti e oggi non più. Pensi ai giovani avvocati che fanno la fame e non vedono né vedranno mai un cliente che dica: quant’è? Nuove povertà tra i laureati, nuove povertà tra gli operai e gli impiegati. La sinistra avrebbe di chi parlare e soprattutto di cosa.
Siamo al punto: questa sinistra?
Servirebbe un partito o movimento che dia un nuovo senso al proprio orizzonte e accetti di allearsi per governare col centro, in questo caso con il Partito democratico. Senza fare tante storie. Il centro oggi è il Pd, antropologicamente, politicamente, strutturalmente un partito centrista.
E la sinistra dovrebbe portare in dote gli sfigati.
Secondo lei dove li hanno trovati i voti i cinquestelle? E ha visto quanti? E seppure dicono di non essere né di qua né di là, la radice del consenso è di questo proletariato metropolitano unito alle povertà disseminate dappertutto causate dalla crisi di sistema.
Ancora tanti perderanno il lavoro.
Ha sentito una sola riflessione su ciò che avverrà dopo di noi, tra dieci o vent’anni al massimo? La robotica produrrà altre espulsioni dalla produzione. E non saranno solo braccia ma anche menti. Io non credo alla favoletta del mercato che si autoregolamenta. Si è visto come è rigoroso il mercato del capitale: dà da mangiare a chi ha sbafato e lascia a stecchetto l’affamato.
Quindi?
L’unica strada che resta è la socializzazione del lavoro. Non reddito minimo garantito ma dividere per due le ore che oggi fa un solo lavoratore. Avere il coraggio di dirlo.
Chi dovrebbe dirlo?
La domanda è ben posta, e io purtroppo non so risponderle. Spero che qualcuno si prenda la briga però…
di Antonello Caporale