venerdì 30 giugno 2017

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I terroristi sono dei dementi?

Senso di ingiustizia, religione, politica. I percorsi di radicalizzazione alla base degli atti di terrorismo sono fenomeni complessi, risultato di svariate cause. Ma chi lo avrebbe detto che fra queste c’è anche qualcosa di molto simile alla demenza? Un team di ricercatori guidati da Sandra Baez, psicologa dell’Università Favaloro di Buenos Aires, ha pubblicato su Nature uno studio secondo cui il terrorista, pur non essendo clinicamente uno psicopatico, ha qualcosa che non va dal punto di vista neurologico. Più precisamente, ad apparire “deviante” è il modo - simile a quello dei bambini o di chi soffre di danni nella regione frontotemporale del cervello - in cui il terrorista formula i suoi giudizi morali, . Nel corso del loro studio, i ricercatori hanno selezionato 66 ex-terroristi colombiani, colpevoli (in media) di 33 omicidi a testa, e hanno sottoposto loro un questionario. Alle stesse domande hanno risposto due gruppi di controllo, uno composto da incensurati e l’altro costituito da assassini non legati al terrorismo. Il test ha misurato alcune caratteristiche come il quoziente intellettivo, la capacità di riconoscere le emozioni delle persone e il giudizio morale. In relazione a quest’ultimo aspetto, le “cavie” sono state messe di fronte a 24 scenari di violenza intenzionale o accidentale e successivamente è stato chiesto loro di esprimere un giudizio in merito. Quasi tutti i componenti dei due gruppi di controllo, come era prevedibile, hanno fornito una valutazione morale in cui a prevalere sono le intenzioni dell’azione piuttosto che i risultati. Ma per i terroristi è stato esattamente l’inverso: per loro ciò che conta è l’esito finale nel giudizio etico delle azioni compiute. Detentori di visioni utopiche che sono un pensiero fisso, per loro uccidere degli innocenti è moralmente accettabile se l’azione va verso la realizzazione di queste visioni. Tale prospettiva, precisa lo studio, è quella che più ha discriminato i gruppi esaminati: una distorsione tipica della mentalità terroristica. In sintesi, se l’azione contribuisce a raggiungere il finale desiderato, allora è moralmente accettabile. Un modello etico che per i ricercatori assomiglia molto a quello dei pazienti con patologie neurologiche come la demenza frontotemporale.