La Stampa 27.5.17
Licenziata al rientro dalla maternità
I 230 dipendenti bloccano la fabbrica
Bergamo,
l’impiegata trentenne è l’unica ad aver perso il posto alla Reggiani
Macchine L’azienda: è tutto regolare, quella mansione non serviva più.
Ma i colleghi si ribellano
di Chiara Baldi
Era
tornata al lavoro a fine agosto 2016 dopo la seconda maternità ma
martedì mattina la sua azienda, la bergamasca Reggiani Macchine, che si
occupa di stampa digitale su tessuti, le ha fatto recapitare una lettera
con una procedura di licenziamento all’interno. Non esattamente un
licenziamento in tronco, ma quasi. Lei, l’unica dipendente di tutta la
fabbrica a rischiare di perdere il posto. Lei che in quella ditta della
bergamasca, a Grassobbio per la precisione, ci era entrata quindici anni
fa come impiegata nell’amministrazione. La chiameremo Silvia, nome di
fantasia di questa “neomamma” 37 enne di cui i colleghi non fanno né
nome né cognome e di cui vogliono dire pochissimo. «La vogliamo
difendere perché, anche se ha ricevuto quella lettera, vogliamo sperare
lo stesso che ci sia per lei ancora un’ultima chance di tornare nel suo
ufficio», dicono. E la stessa speranza ce l’ha anche Silvia, che ora è a
casa coni suoi due bambini.
Ma la decisione presa dall’azienda di
licenziare la donna ha scatenato il panico tra i lavoratori e così i
colleghi di Silvia ieri mattina hanno deciso di protestare: un’ora di
sciopero e un presidio davanti ai cancelli della fabbrica. Lì per lei
erano in 230, di cui 130 sono impiegati come la protagonista di questa
vicenda. Oltre allo sciopero, i dipendenti hanno anche dichiarato il
blocco degli straordinari. «Abbiamo paura che queste siano le nuove
modalità di gestione dei rapporti sindacali in azienda». Ma Adele
Genoni, general manager della ditta, rassicura: «Quello di Silvia è un
caso singolo, assolutamente isolato, e in nessun modo deve far pensare
ai nostri dipendenti che ci siano piani di ristrutturazione aziendale.
Il Gruppo Efi è venuto in Italia per far crescere questa realtà, vuole
assumere e infatti da quando abbiamo acquistato la Reggiani Macchine
abbiamo assunto 20 persone».
Dal 2015 infatti la Reggiani
Macchine, fondata nel 1947 a Bergamo, è stata acquistata dal gruppo
americano Efi (Electonics for Imaging). Ma con la nuova gestione,
mormorano in molti nei corridoi della fabbrica, sono iniziati i
problemi. Anche di Silvia, che al rientro dalla maternità si è sentita
dire che il suo ruolo non era più necessario nella nuova organizzazione
aziendale. Da quel momento è stata avviata la procedura voluta dalla
legge Fornero, che prevedeva una serie di tentativi per ricollocare
Silvia all’interno della Reggiani Macchine, ma sono tutti finiti in un
buco nell’acqua. E, così come vuole la legge, se la conciliazione tra
lavoratore e azienda non va a buon fine, si arriva alla perdita del
posto di lavoro. «È davvero difficile credere che, in una realtà grande
come quella della Reggiani Macchine, si abbia difficoltà a ricollocare
una lavoratrice», dice Andrea Agazzi della Fiom Cgil di Bergamo. C’è
però dell’altro: qualche settimana fa la fabbrica bergamasca aveva
organizzato una iniziativa per valorizzare il ruolo delle donne in
azienda. «Davvero un bel modo per rendere omaggio alle proprie
lavoratrici», commenta Agazzi.