Il Fatto 30.5.17
Claudia Fusani, folgorata sulla via del renzismo
di Andrea Scanzi
Ognuno
è folgorato sulla via che merita. Chi da Dark Side Of The Moon, chi dai
tempi dilatati di C’era una volta in America. E chi dal fascino di
Dario Nardella. È accaduto, o così parrebbe, alla fiorentina Claudia
Fusani. Per chi non lo sapesse, e la lista è lunga perché non parliamo
di Dacia Maraini ma di una che da anni scrive per un quotidiano che non
compra nessuno (ma che paghiamo noi), Claudia Fusani è quella signora
bionda che sta sempre su La7 a difendere Renzi in tivù. No: non stiamo
parlando di quell’altra, la Meli, anche se confondersi è naturale.
Entrambe bionde, più o meno coetanee, turbo-renziane e ancor più
anti-grilline.
La Fusani, come subito si intuisce, patisce già un
problema: è derivativa. È salita sul carro del niente, cioè del
renzismo, quando c’era già troppa gente. Quindi la notano in pochi. In
più è così diversamente pungente da apparire sempre una Rondolino in
diesis minore, o una Meli che non ce l’ha fatta a essere Meli: e questo,
lo capite bene, è un destino terribile. Attenti, però: Lady Fusani non è
sempre stata così. Un tempo ormai lontano era firma di punta di
Repubblica e sapeva fare il suo lavoro.
Certo, allora riteneva
intoccabile D’Alema (oggi lo lapiderebbe) e insopportabile Berlusconi
(oggi tutto sommato le piace), ma scriveva anche bei pezzi: sulla
“cricca”, sulla P3, sulle papi girls. Sul G8, sulla liberazione di
Clementina Cantoni. Poi arriva la storiaccia Abu Omar, che travolge i
vertici del Sismi: il capo Nicolò Pollari, i due funzionari Marco
Mancini e Gustavo Pignero. Il Sismi si era creato un giro di fonti
giornalistiche per spiare (anche) le firme sgradite. La spia più famosa
era Renato Farina. Ma non c’era solo Farina. Giornalettismo riassume
così: “A fungere da informatori, oltre all’agente Betulla, sono stati,
per un certo periodo, anche due giornalisti di Repubblica: ovvero,
proprio Luca Fazzo e Claudia Fusani. Come si evince dalle
intercettazioni i due hanno intrattenuto rapporti con Mancini – e fin
qui nulla di male – ma gli hanno anche inviato via fax una serie di
articoli della coppia Bonini-D’Avanzo che raccontavano le magagne del
Sismi”. Ovviamente, quando la cosa si sa, gli spiati e Repubblica non ci
rimangono bene.
Fazzo viene licenziato in tronco, la Fusani (che
“ammette tutto e spiega che ha agito in questa maniera per preservarsi
la fonte Mancini”, ricorda Giornalettismo) viene relegata al sito della
testata. Poi passa a L’Unità su invito della neo-direttrice Concita De
Gregorio. Si reinventa pure (simpatica) critica letteraria per Marzullo.
Poi, mentre il quotidiano fondato da Gramsci e ammazzato da Renzi
agonizza, arriva la folgorazione sulla via della faina guizzante di
Rignano.
Da allora la Fusani funge come pretoriana di seconda
fila: se la Meli è la Santanchè di Renzi, la Fusani è la Biancofiore
qualsiasi del primo Gozi che passa. Le siamo vicini. Ogni tanto però sa
dare spettacolo anche lei. Giorni fa, a Coffee Break, ha ribadito che il
caso Consip non esiste: se quel caso avesse riguardato la Raggi,
avrebbe come minimo evocato l’intervento della Wehrmacht sulle note di
Farinetti. Poi – e qui si è tinta davvero di leggenda – ha accusato il
collega Francesco Verderami di avere una voce sgradevole. Ecco: la
Fusani che attacca un altro perché ha l’ugola stridula è come Giovanardi
che accusa la Lorenzin di essere bigotta. Oltre la logica, oltre il
buon senso, oltre il ridicolo.
Tutte cose di cui la Fusani, ultimamente, non pare tenere granché di conto.