domenica 2 luglio 2017

il manifesto 2.7.17
«Insieme» ma non troppo, sintonia con i temi del Brancaccio, troppe ambiguità sulla lista unitaria
di Andrea Colombo

ROMA È probabile che dalla molto a lungo attesa manifestazione di piazza santi Apostoli la stragrande maggioranza degli elettori di sinistra si aspettasse una cosa sola: un raggio di luce, fosse pure pallida, a chiarire come la sinistra affronterà le elezioni.
Non ha avuto soddisfazione.
Il discorso ruggente di Bersani e quello di Giuliano Pisapia hanno glissato che fare e come affrontare le elezioni, se con la lista unitaria con la sinistra o meno.
Sui temi, invece, l’assonanza tra la manifestazione di ieri e quella del Brancaccio è, se non piena, notevole: la centralità del lavoro e dei diritti strappati ai lavoratori, l’appello a far pagare di più chi ha di più, l’insistenza sulla radicale discontinuità con le politiche del Pd di Renzi.
Gli estremi per una forza unitaria, nel merito, ci sono. Ma la parola d’ordine «Nessuno escluso» suona un po’ stridente se si nega la parola agli organizzatori del Brancaccio, si evita di invitare il Prc e si tratta con un certa sufficienza Sinistra italiana, che pure ha inviato una sua delegazione e mandato un messaggio unitario chiaro.
La stessa insistenza sul centrosinistra invece che sulla sinistra è a rischio d’ambiguità.
Per fare un centrosinistra ci vogliono un centro che guardi a sinistra, e al momento non c’è perché lo strabismo di Renzi è opposto, e una sinistra che a sua volta non c’è e che andrebbe costruita. Insistere sul «genio civile per la costruzione del centrosinistra» non dovrebbe risolversi in una formula obliqua per evitare di dover costruire la sinistra, che è invece quel che si aspetta la stessa base di «Insieme».
È possibile che il grosso del Campo di Pisapia sia se non ancora determinato almeno molto propenso ad andare alle elezioni da solo, convinto di poter strappare un risultato esaltante, quello profetizzato da Eugenio Scalfari qualche settimana fa: per poi condizionare grazie a quella forza il Pd, magari scalzando il suo attuale segretario. Scommessa rischiosa, primo perché di solito i vaticini del decano di Repubblica non si realizzano.
E secondo perché, impostando una politica tutta concentrata sul Pd e sulla sua «riconquista», si rischia di perdere di vista la necessità di riconquistare un popolo di sinistra sempre più disaffezionato.
Quel popolo non ha neppure elementi per indovinare se, ove «Insieme» non intendesse dar vita a una forza unitaria di sinistra, gli altri lo farebbero.
La sensazione è che almeno questa possibilità ci sia e che il seppuku collettivo di presentarsi alle elezioni con tre liste a sinistra del Pd possa essere evitato. Ma sempre con grande prudenza, senza fretta, rispettando il primato della tattica o dei tatticismi.
In parte la prudenza, soprattutto da parte di Si, è dovuta alla sacrosanta speranza di poter costruire una forza quanto più unitaria possibile, che includa a pieno titolo santi Apostoli.
È una pulsione giusta, ma con misura. Perché le elezioni non sono affatto lontane e cosa succede agli «accorpamenti» dell’ultimo secondo lo hanno già rivelato il finto Arcobaleno e il Disastro Ingroia.