giovedì 1 giugno 2017

La Stampa 1.6.17
Davigo al convegno M5S si scaglia contro il Pd
“Ci ha messo genuflessi”
Di Maio corteggia le toghe. Di Matteo pronto a candidarsi
di Francesco Grignetti


Se mai esisterà un «partito dei magistrati», questo sarà il M5S. E non per finta. Luigi Di Maio, con postura da aspirante presidente del Consiglio, aprendo un megaconvegno sulla giustizia, ha annunciato un cambio di paradigma della politica italiana, ove mai i grillini vincessero le elezioni: «Negli ultimi 25 anni - spiega - il rapporto tra magistratura e politica è stato sempre più problematico: quando un giudice indagava un esponente politico, la risposta immediata di quest’ultimo era gridare al complotto, screditando l’intera magistratura agli occhi di una fetta purtroppo consistente dell’opinione pubblica», con l’effetto collaterale del crescente «scollamento tra Stato e cittadini». E se con Berlusconi ci sono state le leggi ad personam, con Renzi è arrivato lo scaricabarile. «La classe politica ha avuto gioco facile a scaricare sulla magistratura tutte le responsabilità di un sistema che le statistiche effettivamente non descrivono in buona salute».
Un domani, però, con il M5S al potere, si cambierà registro. Il convegno è una prima prova. «Oggi la politica siede nei banchi e ascolta». Una rivoluzione anche nei ruoli. «In questi anni ho imparato che in Parlamento si legifera troppo e male. Si fa una legge ogni 2 giorni e mezzo, ma nessuno si preoccupa poi dell’efficacia. E allora, chi meglio dei magistrati ci può dare un feedback?».
Poi, certo, se un magistrato stranoto come il pm palermitano Nino Di Matteo annuncia di essere pronto «ad assumere un ruolo civile», precisando che «l’eventuale impegno politico di un pm non mi scandalizza», per lui in un futuro governo grillino ci sarebbero tappeti rossi (si parla del Viminale). «Una buona notizia - dice Di Maio - . Siamo contenti della sua disponibilità». Ecco dunque il senso di questo convegno - cui erano invitati Di Matteo, magistrati illustri ora dirigenti del ministero quale Giacchino Natoli, l’ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, e Piercamillo Davigo, una star dei grillini, il loro sogno proibito. «Non siamo qui a reclutare ministri», dice Di Maio. «Vogliamo ascoltare e capire, in un’ottica di governo, come una politica sana possa aiutare la magistratura a fare il suo lavoro». Come dirà anche l’organizzatore del convegno, il deputato Alfonso Bonafede, uno dei suoi colonnelli: «Ci vuole più attenzione a quello che ci dicono tribunali e procure».
Con un’introduzione del genere, non ha deluso l’intervento di Davigo, che è stato per un anno presidente dell’Associazione nazionale magistrati, e ora è tornato a fare il presidente di sezione in Cassazione. «Io non mi occupo di politica, ma di politici che rubano, che è un’altra cosa», il suo esordio fulminante.
Davigo ha le idee chiare su come dovrebbe funzionare la giustizia. Chi dice che in Italia ci sarebbe poca corruzione, basandosi sulle statistiche giudiziarie, «è in malafede. Poche condanne non significano poca corruzione, ma che ne hanno presi pochi». A chi si scandalizza perché sui giornali finiscono troppe intercettazioni irrilevanti, risponde che lui «è esterrefatto di come i politici continuano a parlare liberamente al telefono». Il suo cattivo rapporto con i partiti viene da lontano, «tutte le volte che condannavo qualcuno, quello iniziava subito una sfolgorante carriera politica». Condanne ne vengono poche, perché ai magistrati legano le mani. «E poi c’è qualcuno che parla di abuso nella custodia cautelare....».
Va da sé che Berlusconi è stato il male assoluto, «quando venne un giudice malese delle Nazioni Unite e scrisse due rapporti di fuoco sul fatto che era a rischio l’indipendenza della magistratura italiana», ma non è che le cose siano andate meglio con il centrosinistra. «Centrodestra e centrosinistra si sono sempre dati da fare non per contrastare la corruzione ma per contrastare le indagini. Con una fondamentale differenza: il centrodestra le ha fatte così grosse e così male che di solito non hanno funzionato. Invece il centrosinistra le ha fatte mirate e ci ha messo se non in ginocchio almeno genuflessi». Con il che ha lanciato anche una frecciata ai suoi colleghi non così battaglieri contro il Pd e contro Andrea Orlando (cui riserva un paio di battute acide). Ne ha avuto anche per il procuratore Gratteri, colpevole di fare «congetture» sulla storia della fuga di notizie da addebitare ai pm. Al termine, standing ovation.