sabato 27 maggio 2017

La Repubblica, 27.5.2017
Verso elezioni anticipate ad ottobre
La mossa dei 5Stelle per rientrare nell'accordo sulla riforma fa precipitare la situazione verso elezioni - Patto a quattro per le elezioni alle urne entro il 22 ottobre

Di Carmelo Lopapa
ROMA.
È il fischio finale della legislatura. E risuona da Roma nella giornata in cui il premier Paolo Gentiloni ospita a Taormina i grandi del mondo e tocca l'apice della sua esperienza di governo. Sono echi dei quali il capo del governo non può e non vuole occuparsi in queste ore, ci sarà tempo per prendere atto che l'approdo a sorpresa di Beppe Grillo al tavolo della trattativa sulla riforma elettorale e la sostanziale adesione di Matteo Salvini, dopo quella di Silvio Berlusconi, segna l'apertura della lunga e caldissima - anche perché estiva - campagna elettorale. Tutto precipita a questo punto verso le elezioni anticipate al più tardi ad ottobre, che Matteo Renzi ha tanto invocato e alle quali il Cavaliere alla fine si è convertito. La road map è segnata. E il percorso è accelerato. Il referendum indetto in queste ore dal leader del Movimento tradisce - come sempre quando vengono convocati i militanti su due piedi la volontà che nella consultazione prevalgano i sì. Via libera quanto meno alla trattativa per non restare tagliati fuori, per non ingoiare una legge venefica per il M5S, per non essere stritolati dall'abbraccio mortale Renzi- Berlusconi. E magari per provare a strappare in extremis un ritorno all'Italicum da estendere anche al Senato, come hanno sperato finora i grillini. Quel che è certo è che quell'abbraccio tra il segretario dem e il capo di Forza Italia si è già consumato. Anche se non porterà a un incontro diretto tra i due. «Sarebbe un suicidio, alla vigilia delle amministrative dell'11 giugno», spiegano i fedelissimi dell'una e dell'altra parte che non hanno alcuna intenzione di finire sotto il peso di un "Nazareno- bis", con tanto di sugello ufficiale. Sarebbe un regalo a Grillo e Salvini. Da lunedì Lorenzo Guerini, coi i capigruppo Rosato e Zanda, faranno partire le consultazioni sprint con tutti i partiti, da chiudere in 48 ore. Renzi e Berlusconi si sono già sentiti, mediatore Gianni Letta, e basterà convergere coi capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta per chiudere la partita sugli emendamenti che già in commissione cambieranno volto in chiave tedesca alla legge elettorale. Tutto in 48 ore perché martedì in direzione il segretario Pd vuole avere tutte le carte sul tavolo e impegni sottoscritti, prima di annunciare la svolta. Di emendamenti ieri ne sono stati depositati 417 in Affari costituzionali, ma ne basteranno une mezza dozzina per riscrivere le regole verso un sistema per lo più proporzionale in salsa italiana. Ma con quale sbarramento? L'intesa Pd-Fi sul 5 per cento potrebbe essere ritoccata, con una concessione al 4. Angelino Alfano già tuona minacciando la crisi di governo se non si tornerà al suo (vitale) 3 per cento. Se l'accordo non sarà chiuso prima in maggioranza, è la versione ufficiale, i centristi si terranno "le mani libere". E i dem vogliono evitare di precipitare Gentiloni in una crisi anticipata prima di chiudere sulla legge. Meglio cedere su una mediazione al 4 («Ma non uno in meno»), pur di andare avanti ancora qualche mese, è stato il ragionamento sottoposto e, sembra, accettato da Berlusconi. Dal 5 giugno in aula, a Montecitorio, tappe forzate e chiusura entro il mese, grazie al contingentamento dei tempi. Ma se l'accordo a quattro - Pd-Fi-M5S-Lega - dovesse davvero reggere, allora anche al Senato in luglio il "tedesco" avrà vita facile. La chiusura dei battenti subito dopo e il voto a inizio autunno sarebbe a quel punto l'immediata conseguenza. La finestra resta quella che va dal voto a Berlino del 24 settembre - improponibile per l'Italia - alla più probabile domenica 22 ottobre. Resta solo un'ipotesi l'anticipo della legge di stabilità, per chiuderla prima delle urne ed evitare pericolosi vuoti (in caso di caos postelettorale) e avventurosi ricorsi all'esercizio provvisorio. Il Quirinale si sentirebbe di certo più rassicurato da una messa in sicurezza dei conti, prima della corsa a un voto dall'esito imprevedibile. ©RIPRODUZIONE RISERVATA