venerdì 9 dicembre 2016

La Stampa 9.12.16
La Commedia e le bugie di Montale
di Mario Baudino

Chi era costui?
Tre lettere inedite al grecista Manara Valgimigli, ovvero Eugenio Montale al suo meglio: cordiale, deferente, ironico, persino beffardo. Sono la trama sottile di un libro che segna la nascita della «De Piante», casa editrice fondata da Cristina Toffolo De Piante, Luigi Mascheroni e Angelo Crespi con scopi marcatamente inattuali: piccoli volumi, deliziosi, stampati benissimo in tiratura limitata su carta di pregio, sovracoperta d’artista. Questo Montale è una meraviglia. Il titolo, Non possiedo nemmeno una Divina Commedia, proviene da una delle lettere, dove il poeta più «dantesco» del nostro Novecento si smarca da un invito per una conferenza su Dante - siamo nel 1946 - adducendo la precarietà abitativa, la mancanza di libri, il troppo lavoro, il poco denaro. Chissà, forse Valgimigli si arrabbiò un poco.
Il poeta ritrovato
Nove anni dopo, aprile 1965, Montale lesse a Firenze un intervento fondamentale - e presente in tutte le biografie, montaliane e dantesche. Può essere riassunto in una frase: «Che la vera poesia abbia sempre il carattere di un dono e che pertanto essa presupponga la dignità di chi lo riceve, questo è forse il maggior insegnamento che Dante ci abbia lasciato». Ma il grecista, scomparso di lì a poco, in agosto, ormai aveva altri problemi.