mercoledì 7 dicembre 2016

La Stampa 7.12.16
Austria, la sconfitta populista nasce dalla stretta del governo sul fronte dell’immigrazione
di Mario Nordio

Il voto austriaco non ha certamente un impatto sul contesto europeo paragonabile a quello del «No» italiano. Ma il segnale in controtendenza che giunge da Vienna, nel senso di una battuta d’arresto per l’avanzata populista, è quanto mai rilevante. La maggioranza degli elettori, premiando il candidato verde ed europeista Alexander Van der Bellen, ha espresso una scelta di continuità e stabilità del quadro politico-istituzionale. Con un netto rifiuto di ogni estremismo, salto nel buio e polarizzazione lacerante. Trump e Brexit hanno avuto un inatteso effetto deterrente e l’ipotesi di un’uscita dall’Unione Europea, sulla quale il candidato Norbert Hofer ha avuto posizioni contraddittorie, si allontana con comprensibile sollievo dei vertici Ue.
L`Austria intende rimanere un partner credibile e affidabile nell’Unione. Ciò non comporta peraltro un appiattimento sulla linea di Bruxelles e Berlino. Lo dimostrano le iniziative autonome della diplomazia austriaca, guidata da Sebastian Kurz, in tema di politica migratoria (chiusura della rotta balcanica), fermezza verso la Turchia di Erdogan, critica nei confronti dei trattati di libero scambio Ceta e Ttip. Il governo di grande coalizione del nuovo cancelliere socialdemocratico Christian Kern ha saputo adottare una strategia di risposta flessibile alla crescita del populismo, passando in primo luogo dalla «cultura dell’accoglienza» ad un graduale irrigidimento delle norme che regolano afflusso e presenza dei profughi.
È venuta a mancare così una parte del vento che soffia nelle vele della destra nazionalista. È stato dunque paradossalmente un riflesso conservatore a determinare la vistosa frenata della domanda di cambiamento del sistema, che rischiava di sfociare in una deriva incontrollata. Resta tuttavia il fatto che molti nodi devono ancora essere sciolti in vista delle elezioni politiche del 2018. La Fpö rimane il primo partito e, se tradotto in termini di equilibri parlamentari, il 46 per cento ottenuto da un Hofer pur perdente garantirebbe alla destra una solida maggioranza relativa. L’Austria democratica – che a differenza degli Stati dell’Europa del Sud appartiene alle pattuglia di testa e al nucleo centrale della Ue – è ora chiamata a superare divisioni e fratture, ritrovando, quel consenso nazionale che è stato la forza ed il vanto del Paese dagli anni del dopoguerra e della ricostruzione.