giovedì 13 settembre 2018

il manifesto 13.9.18
«Nessuno è sopra la legge». Ma Salvini risponde picche
Il presidente della Repubblica. Conte al senato, slalom sulla Diciotti: difende Salvini, e attacca chi rompe il vincolo di solidarietà della Ue: e cioè Orbàn, l'amico del ministro degli interni. Contro cui 5S ha votato
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
di Daniela Preziosi


Nei giorni degli attacchi di Salvini ai pm, un grande revival a destra, la celebrazione del centenario della nascita di Oscar Luigi Scalfaro – il presidente della Repubblica che Berlusconi chiamava «golpista» e che da ex guidò le piazze contro la riforma costituzionale di Berlusconi – era l’occasione perfetta per un intervento quirinalizio sul rapporto fra giustizia e politica, anzi politici.
Tre giorni fa il ministro dell’interno aveva pubblicato su facebook l’avviso di garanzia ricevuto per la vicenda della nave Diciotti e a sua volta aveva «avvertito» i pm: «Io sono eletto dal popolo», voi no. Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Legnini aveva parlato di «lesione dell’indipendenza dei magistrati», la reazione dei magistrati era stata dura, l’imbarazzo di M5S palpabile.
Ma Mattarella, che del Csm è presidente, ha un temperamento ben diverso da quello del predecessore: ha lasciato sfiammare la polemica per due giorni e al momento più opportuno, ieri, senza mai nominare Salvini, ha messo il suo carico istituzionale sulle parole del ministro: «Nessuno è al di sopra della legge, neppure gli esponenti politici. Il rispetto delle regole è rispetto della democrazia», ha detto, e quanto alla non elettività dei giudici, «nel nostro ordinamento non esistono giudici elettivi: i giudici traggono la loro legittimazione dalla Costituzione».
Mattarella corregge Salvini anche sul punto della politicizzazione dei magistrati, altro grande classico berlusconiano che l’ex alleato ha riesumato da quando la Lega è chiamata a risarcire – anche a rate – 49 milioni all’erario pubblico. «Non potrà mai esservi giustizia di destra, di centro o di sinistra. Guai a porre a fianco del sostantivo giustizia un qualunque aggettivo. Alla base della democrazia due colonne stanno, entrambe salde: la libertà e la giustizia».
Ma se Mattarella non è Scalfaro, anche Salvini non è Berlusconi. Il leghista, azionista di peso crescente di un governo giustizialista non può reggere fino in fondo la polemica contro le toghe come faceva il Cavaliere. Non gli resta che spingere i toni al limite dello sberleffo, sua specialità: Mattarella «ha ragione», twitta, «per questo io, rispettando legge, Costituzione e impegno preso con Italiani, ho chiuso e chiuderò i porti a trafficanti di esseri umani». Come ha fatto nella vicenda della Diciotti, ora al vaglio della giustizia. Ieri il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che ha aperto l’inchiesta, ha ricevuto per posta un proiettile e minacce di morte.
Del caso Diciotti ieri ha parlato anche il premier Conte, chiamato al senato a riferire dei dieci giorni in cui il governo ha negato l’attracco a una nave della Guardia costiera italiana. Conte ha rivendicato tutto e scaricato la responsabilità del comportamento dell’Italia verso i migranti e l’equipaggio sul disimpegno di Malta. E, nel giorno in cui M5S a Strasburgo votava contro il sovranista ungherese Orbàn, ha attaccato le (abbondanti) falle Ue: «L’Italia non è più disponibile ad accogliere indiscriminatamente i migranti» «supplendo alla responsabilità che spetta all’Unione, ottundendo il vincolo di solidarietà che grava su ciascuno Stato membro». Quel vincolo che Orbàn non rispetta. Applaudito da Salvini, regista del caso Diciotti. E che lui, Conte, difendeva in aula.