domenica 24 giugno 2018

Il Fatto 23.6.18
Non è un salvataggio: la Grecia distrutta e ancora prigioniera
Otto anni - Il bilancio disastroso del governo della Troika ad Atene mentre il Paese s’avvia a uscire dal cosiddetto “programma di aiuti”
di Marco Palombi


Come si racconta su un giornale il “giorno storico” di cui parlano a Bruxelles, quello in cui Atene esce dal “programma di aiuti” della Troika? Certo, esistono le frasi a effetto: forse, parafrasando, hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato Grecia. Ma un aforisma può ancora essere una verità e mezza (K. Kraus)? Può illuminare le vite spezzate, le lacrime, il senso di impotenza, l’avvilimento di un intero popolo nel cuore d’Europa? Può raccontare la sequela di menzogne su cui s’è basato questo spaventoso esperimento sociale durato otto anni (and counting)? Possono farlo i numeri o la ricostruzione storica se non sono i cuori a sentire l’ingiustizia? La risposta non c’è, ma la Grecia dal 20 agosto è fuori, come si dice “torna sul mercato”: nelle cancellerie europee si festeggia, nel governo di Atene pure, giusto un po’ meno.
Il fatto in sé è questo: Tsipras incassa gli ultimi 15 miliardi di euro e la fine del programma di aiuti, rectius “prestiti”, e un allungamento delle scadenze (dal 2022 al 2032) per ripagare i 110 miliardi avuti dal fondo salva-Stati, ma non il taglio nominale del debito necessario secondo il Fondo monetario internazionale, uno dei membri della Troika insieme a Ue e Bce. In cambio la Grecia sta realizzando l’ultima tornata di 88 misure di austerità, dovrà dare conto ogni tre mesi di quel che fa per i prossimi cinque anni e s’impegna ad avere un avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli interessi sul debito) del 3,5% fino al 2022 e di oltre il 2% fino al 2060: tecnicamente si prendono soldi ai cittadini per darli ai creditori internazionali per i prossimi 42 anni. Austerità sempiterna, un suicidio.
Inizia nel 2010, La crisi greca, e diventa quel che vediamo oggi a ottobre, quando Merkel e Sarkozy chiariscono sul lungomare di Deauville, indicando le prede agli speculatori, che nell’Eurozona i singoli Stati non sono garantiti dalla Bce: un problema che poteva essere arginato con investimenti di relativa entità diventa un’odissea di otto anni, oltre 800 provvedimenti economici imposti dai creditori e un esborso finale di oltre 300 miliardi di euro.
Com’era iniziata? Quella greca, come le altre di quegli anni (Irlanda, Spagna, etc) non è una crisi di debito pubblico, non è dovuta alla natura truffaldina e pigra dei greci, né ai problemi pur esistenti nell’economia di quel Paese. Come ha spiegato nel 2013 l’allora vicepresidente della Bce, Vítor Constâncio, quella fu una classica crisi da debito privato: “Il principale fattore scatenante è da ricercarsi nel settore finanziario, in particolare in quelle banche che hanno fatto da intermediari per l’immenso flusso di capitali verso i Paesi periferici, che ha creato sbilanciamenti divenuti insostenibili a seguito del sudden stop causato dalla crisi internazionale (quella di Lehman Brothers e soci, ndr) e dalla brusca revisione delle valutazioni del rischio che questa ha causato”.
Quegli squilibri si sono poi scaricati sui conti pubblici greci, peraltro assai meno solidi di quanto si era voluto credere a Bruxelles grazie a operazioni di maquillage realizzate con la regia di grandi istituzioni finanziarie internazionali: i vari prestiti di Bce, Ue e Fmi (l’Italia ci ha messo 40 miliardi) sono serviti anche ad attenuare le perdite che sarebbero state sofferte dalle banche francesi e tedesche, esposte nel 2009 sulla Grecia per circa 90 miliardi. I creditori, per questa via, hanno preso possesso del Paese conducendolo in questi anni alla rovina, nonostante nel 2013 il Fmi avesse ammesso che le politiche imposte ad Atene erano sbagliate: “Abbiamo sottovalutato” l’effetto che l’austerità avrebbe avuto. Dopo, però, la Troika ha comunque continuato come prima, arrivando a chiudere i rubinetti alle banche quando, nel 2015, i greci votarono contro un nuovo ciclo di austerità.
E com’è la Grecia oggi e come sarà domani visto che questa tarantella dovrebbe durare 40 anni? Ogni ricordo del passato in termini di diritti del lavoro e presenza dello Stato nell’economia è stato cancellato; il patrimonio pubblico svenduto al miglior offerente (estero); la disoccupazione è ancora oltre il 20% nonostante l’emigrazione abbia ridotto di un terzo le forze di lavoro; il potere d’acquisto è crollato del 28,3% in dieci anni; le famiglie che vivono in estrema povertà sono il 21% (Eurostat), il doppio di otto anni fa; la mortalità infantile è salita del 26% (London Imperial College); le pensioni sono state tagliate del 14% e a inizio 2019 arriverà l’ennesima sforbiciata, la quattordicesima per la precisione; il debito pubblico è passato dal 109% del Pil del 2008 al 180% attuale. C’è un piccolo numero, però, che racconta davvero tutto: nel 2017 ben 133 mila greci hanno rinunciato a un’eredità perché non potevano pagare le tasse di successione. Intanto chi ha prestato i soldi alla Grecia incassa gli interessi: almeno non chiamatelo salvataggio.