domenica 24 giugno 2018

Il Fatto 23.6.18
Salvini ci fa orrore. Ma chi l’ha creato?
di Antonio Padellaro


Quando tratta gli esseri umani come pacchi senza valore Matteo Salvini è una vergogna, ma chi ha consentito al signor Paolo Di Donato “re dei rifugiati di Benevento” le truffe sui centri di accoglienza, con i migranti trattati come bestie mentre lui girava in Ferrari? Salvini? Quando il leghista annuncia il censimento dei Rom, si ode chiaro e forte il grugnito dell’homus salvinianum, che gli “zingari” li vorrebbe cacciare tutti (e magari anche sopprimerli). Però non è stato certo Salvini a permettere alla famiglia Casamonica di impadronirsi di interi pezzi della periferia romana e di imperversare indisturbati fuori da ogni legalità. Così ricchi e potenti da farsi beffe del ministro degli Interni e del presidente della Regione Zingaretti andati l’altro giorno a sequestrare una villa del clan.
Evento – leggiamo – festeggiato dai Casamonicas nel villone accanto con uno scatenato piscina-party tra libagioni, canti e schiamazzi. Salvini specula sul dolore per lucrare nuovi consensi, ma lui al Viminale sicuramente non c’era quando negli ultimi 15 anni in 34.361 (trentaquattromilatrecentosessantuno) sono annegati nel Mediterraneo. Come da elenco pubblicato dal manifesto di giovedì, documento che pesa come un gigantesco macigno tombale sulla coscienza di noi tutti. Ma soprattutto dei tanti governanti, bravi e buoni, italiani ed europei, che per 15 anni, salvo rare eccezioni, hanno preferito girare la testa dall’altra parte. Lista che – come scrive il quotidiano di Norma Rangeri – dovremmo tutti “provare a leggere ad alta voce”. Ogni nome è una vita andata a fondo, nella stessa indifferenza di un sasso gettato in acqua. Non udiremo mai, ringraziamo Iddio, i pianti e le invocazioni di quegli uomini, di quelle donne, di quei bimbi: una sola voce sarebbe sufficiente a farci impazzire.
No, non si può più fingere che, in Italia, il pre-Salvini fosse quotidianamente ispirato alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Così come frignare giaculatorie su quanto siamo caduti in basso è intollerabile ipocrisia. In basso c’eravamo già con i Buzzi e i Carminati, piacevolmente immersi nei fondi per l’“accoglienza”.
Con i mercanti di schiavi, con le paghe da fame, con le Ferrari frutto del latrocinio. Con le istituzioni che hanno tollerato le baraccopoli perché “se vogliono vivere come bestie, cazzi loro”. Con i nomadi nullatenenti e i rubinetti d’oro in bagno. Forse che tutte le cooperative e le associazioni che lavorano per l’accoglienza sono piene di farabutti? Certo che no: nella stragrande maggioranza si tratta di persone che meritano gratitudine e sostegno.
Ed è falso che i nomadi vivano tutti di accattonaggio e di usura. Certo, la spinta a una maggiore integrazione dovrebbe venire dalle stesse comunità (soprattutto per tutelare i minori spesso sottratti alla scuola dell’obbligo). Colpirne alcuni per criminalizzarli tutti: così funziona la collaudata semplificazione salvinista. Conseguenza riprovevole, disgustosa ma inevitabile della politica vuota e declamatoria praticata dai ministri dei i governi precedenti (con l’eccezione, purtroppo breve, di Marco Minniti). Che hanno lasciato marcire e marcire e marcire i problemi. Fino al punto d’aver generato nella testa di tante brave persone un tumore dell’anima e una parola diventata urlo collettivo: basta! A che serve deplorare il cinismo di Salvini se poi gli vanno dietro dieci milioni di concittadini (e forse molti di più). Tutti fascisti e razzisti?
Qualcuno dice: è un lavoro sporco ma qualcuno deve pur farlo. Falso, perché il capo cattivista è ben felice di sguazzare tra le folle che lo invocano come il santo patrono che riscatta i penultimi dai presunti torti subiti dagli ultimi (prima gli italiani). Il vendicatore che ricaccia in gola alla cosiddetta sinistra-chic i belati sulla pietà che l’è morta mentre (così l’immaginano) pasteggiano a champagne a Porto Rotondo. Vero, perché, in quel lavoro sporco, Salvini non è neppure il peggio che poteva capitare. In fondo, lui è uno sparafucile (con passato bamboccione) che non viene certo dalla cancelleria del Reich. Matteo II è un raccoglitore di paure che altri hanno seminato. È il sintomo della malattia, una febbre virulenta che si può ancora curare. A patto di prendere atto della devastazione creata dai non Salvini e di piantarla con i finti appelli umanitari e con l’antifascismo da parata. Che va tenuto semmai di riserva. Perché dopo i clown, quasi sempre tocca alle bestie feroci.