venerdì 22 giugno 2018

Corriere 22.6.18
Roberto Saviano L’intervista
«Alimenta l’odio per distrarre, è un clima fetido M5S? Una pena»
di Marco Imarisio


Roberto Saviano, come ci sente ad essere la seconda maggior preoccupazione del ministro dell’Interno?
«In ottima compagnia, dato che la prima sono i migranti. Sono insieme alle persone per le quali vale la pena oggi ancora scrivere e parlare. E se io e i migranti per Matteo Salvini siamo degli obiettivi verso cui canalizzare le peggiori pulsioni, sbaglia chi si sente al riparo. Ieri i migranti, oggi io. Domani toccherà a voi».
Il ministro dell’Interno che attacca uno scrittore è una cosa normale?
«In Italia sembra di sì. Altrove ancora fa scandalo. Ma Salvini mi attacca perché è a capo di un partito di ladri, quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati. Parla di tutto e se la prende con gli ultimi perché le persone non devono sapere che il suo partito ha rubato allo Stato. Parla alla rabbia di persone ignare del fatto che i primi obiettivi di quegli imbrogli sono loro».
Perché Salvini si occupa di lei proprio ora?
«Salvini sta sparando tutte le sue cartucce che però sono solo parole, aria. Mi spiego: chiudere i porti alle Ong, rendere la vita impossibile agli immigrati che in Italia vivono e lavorano da anni, togliere la scorta a me, come potrà mai migliorare vita ai milioni di italiani di cui la politica continua a non occuparsi?».
Attaccare Saviano è un’arma di distrazione di massa?
«Se io fossi ridotto al silenzio, se tutti i migranti e i rom, per ipotesi, fossero scaraventati sulla Luna, se sparissero gli immigrati con regolare permesso di soggiorno verso cui Salvini sta facendo montare un odio senza pari nella nostra storia, gli italiani veraci, quelli doc, che non hanno lavoro, che lo hanno perso, che usufruiscono di una assistenza sanitaria indecente, quale giovamento ne avrebbero? Gli ospedali di Napoli straripano di italiani. Non ci sono immigrati a occupare letti e italiani sulle barelle. Ma di cosa stiamo parlando?».
Ha ricevuto nuove minacce?
«Le valutazioni sulla mia sicurezza non sono io a farle. La scorta non sono stato io a chiederla».
La «verifica» delle minacce nei suoi confronti rischia di aiutare la camorra, per cui, una volta entrati nel mirino, non se ne esce più?
«Se Salvini vuole chiedere una valutazione di questo tipo, faccia pure. Del resto in un Paese che “vanta” le mafie più pericolose e potenti del mondo è del tutto “naturale” che il ministro dell’Interno invece di contrastare le mafie, voglia ridurre al silenzio chi le racconta».
Come vive oggi?
«Da quasi 12 anni vivo così: se voglio uscire non posso semplicemente chiudermi la porta alle spalle, ma devo avvertire i carabinieri, devo dir loro con chi mi vedo e dove, perché facciano un sopralluogo. Non potrò mai dire a nessuno: “Aspettami, tra 10 minuti sono da te”, perché prima che io possa muovermi passano almeno due ore».
I viaggi?
«Quelli in Italia vanno organizzati tempo prima, perché bisogna allertare le scorte locali. Durante i tour di presentazione dei libri, divento un pacco postale. Mi sposto da un’auto all’altra e conosco decine di carabinieri che mi prendono in consegna quando passo per le loro città. Quando vado all’estero devo comunicare per tempo i miei spostamenti, gli alberghi dove alloggerò, gli incontri pubblici che farò e i ristoranti in cui cenerò. Chi di voi sa esattamente cosa farà quando è in viaggio? Ecco, io devo saperlo. Qualcuno vuol far passare l’idea che tutto questo sia un privilegio. Non ho ancora compiuto 40 anni, vivo così da quando ne avevo 26. Vi assicuro che non c’è nulla di divertente in questa vita».
La sinistra ha sottovalutato la sensibilità delle persone sui migranti e fornito così un assist a Salvini?
«La sinistra — ma quale sinistra poi? — ha piuttosto costruito l’autostrada su cui oggi si muove il carrarmato russo Salvini. La dottrina Minniti sui migranti è stata finale».
Cosa è cambiato dalle sue critiche al governo Berlusconi?
«I tempi cambiano e, talvolta, peggiorano. Nel 2010 l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni pretese uno spazio nella mia trasmissione per leggere l’elenco dei latitanti arrestati. E questo solo perché avevo parlato delle inchieste sulla ‘ndrangheta al Nord e della sua interlocuzione con la Lega, provata poi dall’arresto dell’ex tesoriere Francesco Belsito, dal sequestro dei conti della Lega e dalla truffa milionaria. Si raccolsero firme contro di me, che “davo del mafioso al Nord”. Questo per dire che le cose non peggiorano a caso, ma seguono una loro traiettoria».
Gli attacchi di Salvini sono un riflesso dell’onda social, dove lei raccoglie elogi, ma anche tante critiche?
«I social vanno analizzati in maniera diversa, controintuitiva. Sui social contano i like e le condivisioni più che i commenti. Commenta chi ha rabbia».
La spaventa questo rigurgito di odio che emerge dai social?
«Provo pena. Perché odiando si sta peggio, non meglio».
Brutto clima in Italia per gli intellettuali?
«Fetido, direi. Dobbiamo però essere coesi, o altrimenti rassegnarci a vivere in un Paese dove i ladri hanno licenza di insultare i deboli e gli indifesi, dopo averli derubati. Un’ultima cosa: che pena il M5S, morto al grido di “onesta, onestà!”, e finito a far da stampella a questa banda di ladri».