giovedì 10 maggio 2018

Il Fatto 10.5.18
Blindati i conti Ior. Il Vaticano respinge i sequestri italiani
No alle rogatorie - I magistrati chiedono al ministero della Giustizia di sollecitare recuperi di capitali anche in Svizzera, ma nulla si muove
di Valeria Pacelli


Da una parte la Svizzera, dall’altra il Vaticano. In entrambi i casi, alle autorità giudiziarie italiane che chiedono di recuperare denaro conservato sui conti nei loro Stati, è stato risposto picche. E stesso esito ha avuto la richiesta di estradizione di tre persone che si trovano in Svizzera, sulle quali pendono ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Roma per bancarotta. Il motivo del diniego risiederebbe nell’articolo 7 della Legge Federale svizzera sull’assistenza internazionale penale “con la quale – spiegano dal ministero della Giustizia – la Svizzera ha stabilito di rifiutare l’estradizione dei propri cittadini”. Ma per il Tribunale quei reati sono stati commessi in Italia.
Non è andata diversamente per ciò che riguarda i depositi bancari. Il 26 aprile, il pm Stefano Rocco Fava in qualità di magistrato che ha seguito le indagini, ha scritto una lettera al ministero di via Arenula per riaccendere i fari su due conti svizzeri. Uno sarebbe riferibile a una società non italiana riconducibile all’imprenditore Angelo Capriotti e sul quale ci sarebbero 25 milioni di euro. Denaro oggetto di un sequestro preventivo (non definitivo) che risale a circa tre anni fa. A oggi Capriotti si trova in carcere, ma per altre vicende: è stato arrestato a inizio aprile per impiego di denaro e beni di provenienza illecita. I conti sarebbero bloccati ma “non è avvenuta la materiale consegna poiché – spiegano dal ministero – la Svizzera ha rifiutato il trasferimento dei fondi in assenza di un provvedimento definitivo di confisca”. Stessa cosa per i circa 2,3 milioni che, secondo quanto scrive il pm Fava nella lettera al ministero, sarebbe su un conto riconducibile a Piercarlo Rossi, ex compagno dell’ex giudice del tribunale fallimentare di Roma Chiara Schettini, a febbraio 2016 rinviata a giudizio a Perugia per peculato, falso e corruzione.
In Vaticano la situazione non è differente. La Procura di Roma da tempo tenta di recuperare 1,4 milioni di euro da tre conti allo Ior, la banca della Santa Sede, di Angelo Proietti, l’imprenditore romano noto per aver ristrutturato una casa a Roma messa a disposizione, in passato, dell’ex ministro Giulio Tremonti. Quel denaro è stato “congelato”, ma per il pm Fava deve essere consegnato all’Italia perchè rappresenta “profitto del reato” di bancarotta fraudolenta. Proietti viene condannato, con rito abbreviato, a ottobre 2016 per la bancarotta di due società a 3 anni e tre mesi. Nel frattempo ci sono state due rogatorie (19 maggio 2016 e 26 ottobre del 2017, quest’ultima dopo la confisca).
Il 14 aprile da Oltretevere arriva una risposta, ma è negativa. Scrivono che quei conti erano già sequestrati dalle autorità vaticane. Così “la successione dei fatti evidenzia la riserva a favore della giurisprudenza vaticana che peraltro (…) si accinge a chiedere il rinvio a giudizio del Proietti”. Inoltre, continua la lettera, “l’eventuale esecuzione della richiesta” potrebbe “interferire con il procedimento in corso dinanzi le competenti autorità dello Stato”. In altre parole: i soldi restano sui conti Oltretevere. Tuttavia, è prevista “la possibilità di un riesame della richiesta rogatoriale, all’esito del procedimento avanti all’autorità giudiziaria dello Stato”. Insomma, si vedrà. E l’erario italiano (qualora dovesse prevalere la linea della Procura di Roma) può attendere.