giovedì 6 luglio 2017

Repubblica 6.7.17
I rilievi di Cantone ignorati dalle Camere
di Liana Milella

SI PUÒ cambiare, ma un fatto è certo: il Codice Antimafia va approvato». Parola di Orlando. «Un pasticcio, che ammazza le misure di prevenzione ». Parola di Cantone. Il suo nome — Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità anticorruzione — corre insistente nell’aula del Senato mentre si discute del Codice Antimafia, la destra tenta in tutti i modi di affondarlo.
E SI fa scudo delle tesi del noto ex pm anticamorra. Cantone diventa il beniamino di Niccolò Ghedini che agli amici scrive: «Avete visto? Avevo ragione io, Cantone dice esattamente quello che ho detto a Letta e che Letta ha puntualmente riferito a Zanda».
Cantone idolo della destra e affossatore del Codice Antimafia? Lui, al telefono, s’infiamma subito: «Se qualcuno ripete le stesse cose davanti a me lo querelo. Con questo schieramento non ho nulla a che vedere, tuttavia una battaglia è giusta anche se è un senatore della destra a farla. E io la mia netta contrarietà a trasferire sulla corruzione le misure di prevenzione utilizzate contro la mafia l’ho espressa in tempi non sospetti». Ma come? Ne è proprio sicuro? Qui tutti citano una sua intervista di qualche giorno fa... «... e si sbagliano di grosso. Perché nel mio ultimo libro, La corruzione spuzza, le cui bozze erano già pronte a gennaio, avevo già ampiamente criticato il Codice Antimafia uscito dalla Camera, scrivendo in ben tre pagine che il travaso delle misure di prevenzione dalla mafia alla corruzione era poco condivisibile ».
Negli stessi minuti in cui Cantone parla con Repubblica il centrodestra incassa un altro rinvio, le ore e ore di ostruzionismo — gli interventi di Caliendo, Palma, Falanga, Giovanardi — fanno slittare il voto a oggi. Anche colpa di Cantone? Qualche secondo di silenzio, poi una raffica di accuse, con una premessa: «Questa norma è una polpetta avvelenata, perché la prima volta che, dopo il sequestro dei beni a un imprenditore, il magistrato è costretto a restituirglieli, le misure di prevenzione saltano ». Scusi, Cantone, ma perché lei l’ha scritto nel suo libro, ma poi non l’ha detto al governo e al Parlamento? «Io non l’ho detto?!?! Io l’ho messo per iscritto. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando mi ha nominato presidente di un tavolo su mafia e corruzione. Con me c’erano giuristi come Vittorio Manes, Gherardo Colombo, e pure Giuliana Merola della commissione Antimafia. Il 20 aprile — dico 20 aprile — ho mandato la mia relazione dove è ripetutamente scritto che “non è condivisibile la traslazione tout court della normativa antimafia alla corruzione” ».
In effetti, in quella pagine, il Cantone pensiero è chiaro: «Per grave che sia la situazione, non appare condivisibile l’idea di estendere alla corruzione la legislazione speciale della lotta alle mafie, stante la diversità dei fenomeni e il fatto che possono essere già applicate laddove si presentano profili propri del crimine organizzato ». Chiosa Cantone: «Visto? Certo non ho parlato con il salumiere... poi non è colpa mia se in Parlamento sono stato audito perfino sulle mense scolastiche, ma nessuno ha pensato di chiamare il presidente dell’Anac quando si sta per fare una modifica devastante che ammazzerà le misure di prevenzione. E non sono solo io a dirlo, ma pure Canzio, Fiandaca, Cassese, Flick, Rossi, De Lucia. Siamo forse diventati tutti pazzi?».
Lo sfogo di Cantone potrebbe continuare, ce n’è per tutti, quelli che, non esperti, sembrano dettare legge sul Codice. Ma il ministro della Giustizia Andrea Orlando che dice? Innanzitutto un punto fermo: «Qualunque strada si prenda in Parlamento, il Codice va approvato in questa legislatura. Con un modifica alla Camera e un ulteriore passaggio rapidissimo e garantito al Senato, oppure lasciando tutto com’è adesso e sfruttando un altro veicolo normativo per fare le modifiche». Ma possibile che lei, ministro, non abbia letto la nota di Cantone? «No, non l’ho ancora vista, quel lavoro è in itinere, e i miei non mi hanno ancora portato nulla. Ma non era necessario aspettare Cantone per sapere che il testo della Camera presentava dei dubbi ». E qui Orlando racconta un’altra storia di mediazioni e modifiche: «Abbiamo rivisto il testo, ho sentito Franco Roberti, visto che si parla di mafia ed lui il procuratore nazionale Antimafia. Nasce con lui la soluzione di agganciare la lista dei reati di corruzione al 416, il legame associativo, una correzione che era sembrata equilibrata e sufficiente». Orlando non cede alle polemiche: «La mia priorità adesso è approvare comunque il Codice, sentirò i magistrati che lavorano tutti i giorni sulle misure di prevenzione e poi decideremo. Ma cambiare il testo alla Camera rischia di metterlo su un binario morto. E questo sarebbe un errore davvero imperdonabile».