sabato 15 luglio 2017

Repubblica 15.7.17
Pisapia, il velo sottile del leader mancante
di Stefano Folli

A SINISTRA del Pd la matassa è parecchio ingarbugliata senza che sia chiaro chi potrà e vorrà dipanarla. Non è solo la notizia che Giuliano Pisapia non intende candidarsi alle prossime elezioni. Il motivo addotto dall’ex sindaco di Milano («in passato ho già svolto due mandati e sono sempre stato contrario al terzo») gli fa onore sul piano etico, ma è un velo troppo sottile per mascherare la realtà. Che è fatta di divisioni, personalismi, idee diverse sul “che fare” con il governo Gentiloni. Sulle misure volte al salvataggio delle banche si è già avuta la prova di quanto sia difficile per il plotone Pisapia restare unito. Ed è ancora poca cosa rispetto all’autunno, quando verranno al pettine i nodi della legge di stabilità e della politica economica. Quindi la mancata candidatura è più che altro la spia del problema di fondo: fino a oggi non si è affermata una leadership abbastanza forte e determinata per unificare quell’arcipelago di sigle, programmi e ambizioni — dal Campo progressista a Sel passando per Articolo1-Mdp — che punta a una robusta rappresentanza parlamentare, ma nel frattempo dovrebbe preoccuparsi del cortocircuito in cui è bloccato. Il ruolo di federatore era riservato, appunto, a Pisapia. E in teoria la rinuncia al Parlamento non lo contraddice. Nei fatti però è quasi una resa, un gesto che indebolisce l’intera operazione e soprattutto ne cambia la cifra. Non stupisce che gli ambienti vicini a Renzi non facciano alcuno sforzo per nascondere il compiacimento. Almeno in apparenza si conferma la loro tesi secondo cui l’unico collante degli altri è il rancore verso il “renzismo”. E poi, secondo aspetto, si dimostra che Pisapia non è il nuovo Prodi, capace di imporre un’autorità personale su un gruppo di alleati riottosi e gelosi ciascuno del proprio orto.
Come è logico, Renzi e i suoi fanno il loro gioco. E non è escluso che adesso tornino a proporre una specie di annessione al Pd a quei “progressisti” amici dell’ex sindaco di Milano che non siano ostili per principio alla linea renziana. In una simile eventualità Pisapia, da gentiluomo della politica, non farà certo parte del drappello. Ma egli non intende nemmeno coprire con il suo nome le risse e le rivalità che covano a sinistra. Gli accordi intercorsi fino a oggi — e di cui si trova traccia nell’intervista di D’Alema al Fatto quotidiano — sembrano riservargli una funzione di rappresentanza, sia pure nobilitata dalla prospettiva delle “primarie”. Una sorta di portavoce di scelte non sempre condivise. Come è noto, il progetto originario era alquanto diverso: il Campo progressista intendeva rinvigorire la sinistra idealmente e moralmente, in un rapporto dialettico con il Pd senza il quale, s’intende, non esisterebbe il centrosinistra. Questi elementi di novità Pisapia non è riuscito fin qui a farli passare: né sul piano dei temi, i famosi “contenuti”, né sul terreno del rinnovamento. Il messaggio all’opinione pubblica troppe volte è apparso un po’ generico, cioè non abbastanza incisivo per opporsi alla virulenza del “renzismo”.
Probabilmente Pisapia ha bisogno di tempo. Ma il tempo non c’è. A ben vedere, la nuova sinistra avrebbe dovuto avere già oggi un’impalcatura abbastanza solida, così da dedicare l’autunno a un’azione capillare di propaganda per farsi conoscere dagli elettori, mettendo a punto un programma e una coerente visione socialdemocratica. Viceversa, la nave è lontana da questo approdo. Il mezzo passo indietro dell’ex sindaco testimonia il desiderio di non essere risucchiato in una resa di conti fra renziani e scissionisti anti-renziani che si trasforma immediatamente nello scontro fra pezzi di vecchio ceto politico interessati a ottenere o riottenere un seggio in Parlamento.
Non tutto è perduto, naturalmente, perché lo spazio a sinistra di Renzi esiste ed è ampio. Proprio gli ultimi eventi indicano l’urgenza di muoversi e di rimescolare le carte. In fondo, nella politica moderna c’è sempre bisogno di un volto, di un’immagine. E a sinistra il volto di Pisapia non è facilmente sostituibile. Se fosse così, il passo indietro di oggi potrebbe tradursi nel passo avanti di domani.