lunedì 10 luglio 2017

Repubblica 10.7.17
Stati Uniti E Cina nella trappola di Tucidide
Moisés Naím

TUCIDIDE, un ateniese che visse più o meno 400 anni prima di Cristo, fu un cattivo generale e un bravo storico. Nella sua celebre opera La guerra del Peloponneso racconta dettagliatamente il conflitto che esplose tra Sparta e Atene nel V secolo a.C. Molti considerano questo libro il primo tentativo di spiegare gli avvenimenti storici facendo ricorso all’analisi e ai dati, invece che ai disegni degli dei. Basandosi sul suo studio delle cause che condussero Atene e Sparta alla guerra, Tucidide afferma che è difficile che una potenza in piena ascesa, in quel caso Atene, riesca a coesistere pacificamente con la potenza dominante, in quel caso Sparta. Graham Allison, professore dell’università di Harvard, ha reso popolare questo concetto con la definizione di «trappola di Tucidide». Allison ha studiato 16 situazioni, negli ultimi cinquecento anni, in cui è emersa una nazione con la capacità di competere con la potenza dominante: in 12 di questi casi il risultato è stata la guerra.
Tutto ciò ha implicazioni importanti per la nostra epoca, ed è il tema del recente libro di Allison, Destined for War: Can America and China Escape Thucydides’s Trap? (Destinate alla guerra: America e Cina riusciranno a sfuggire alla trappola di Tucidide?). Secondo il professore di Harvard, «se si continua sulla strada attuale, lo scoppio di una guerra fra i due Paesi nei prossimi decenni non solo è possibile, ma è molto più probabile di quel che si pensa». Il libro del professor Allison non è l’unico che lancia l’allarme sulle conseguenze dell’ascesa dell’Oriente e il declino dell’Occidente. Il tema ha stimolato un gran numero di saggi, articoli e conferenze. Gideon Rachman, del Financial Times, ha scritto un libro intitolato Easternization, in riferimento all’«orientalizzazione » del pianeta: il suo messaggio di fondo è che l’ascendenza internazionale che hanno avuto per secoli le potenze occidentali (nello specifico gli Stati Uniti e l’Europa) sta giungendo al termine; secondo Rachman, il centro di gravità del potere mondiale risiederà in Asia, e più concretamente in Cina. Anche Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, si preoccupa del destino dell’Occidente e intitola così il suo ultimo libro ( The Fate of the West). Secondo Emmott, «l’Occidente è l’idea politica di maggior successo » e chiarisce che non è un luogo, bensì una serie di concetti, valori e condizioni sociali e politiche guidate dalla preservazione della libertà individuale, l’apertura economica e la ricerca di uguaglianza e giustizia per tutti. Naturalmente, l’aumento della disuguaglianza economica che stanno subendo i Paesi occidentali e i problemi politici che ha originato preoccupano Emmott: «Senza una società aperta l’Occidente non può prosperare, ma senza uguaglianza non può durare». A differenza di altri autori, Emmott non crede che l’Asia spodesterà l’Occidente.
Chi pronostica che la Cina riuscirà a trasformarsi in potenza egemonica a livello mondiale sottovaluta le debolezze del colosso asiatico. E dà per scontato che le difficoltà che limitano l’influenza internazionale di Stati Uniti ed Europa siano tare insolubili, e dunque permanenti. Ma non è vero né che i problemi dell’Occidente siano insolubili né che quelli della Cina siano insignificanti.
La realtà è che anche se la crescita economica della Cina è sbalorditiva, il suo progresso sociale indiscutibile e la modernizzazione delle sue forze armate inquietante, i suoi problemi sono altrettanto schiaccianti. Ian Buruma, un esperto di questioni asiatiche, afferma che di tutti i libri recenti sull’ascesa di quella regione il peggiore è quello proprio del professor Allison. Secondo lui, Allison dimostra una grande ignoranza della Cina e minimizza i problemi che affliggono quel Paese. Nonostante la sua espansione accelerata, l’economia cinese è fragile ed è piena di squilibri e distorsioni. La disuguaglianza economica è schizzata alle stelle e nelle zone rurali persiste una miseria generalizzata. Il Paese è un disastro ecologico, dove ogni anno muore più di un milione di persone per malattie causate dall’inquinamento. Militarmente, la Cina resta molto dietro agli Stati Uniti, che per di più in Asia possono contare su una vasta rete di alleati che guardano alla Cina con timore e risentimenti storici profondi. Il Vietnam, per fare un esempio, ha combattuto 17 guerre con la Cina.
Ma forse l’obiezione più importante alla visione di una Cina trasformata in leader del mondo è il fatto che il suo modello autocratico ogni giorno che passa è meno attraente e più difficile da sostenere. Mantenere centinaia di milioni di persone soggiogate ai disegni di un dittatore è una strada che di questi tempi conduce all’instabilità politica. E un Paese politicamente instabile non è un buon candidato per prevalere nei conflitti pronosticati da Tucidide.