sabato 15 luglio 2017

La Stampa 15.7.17
Il diritto di non essere sudditi
di Vladimiro Zagrebelsky

Oggi alla parola burocrazia sono associati sentimenti di fastidio, insofferenza, disprezzo e di rifiuto per un modo di agire che appare irrispettoso del diritto del cittadino di vedersi forniti i servizi per i quali la amministrazione pubblica è istituita. Burocrazia come impedimento, rallentamento, assurdità fino alla disumanità, quando invece, si crede, basterebbero il buon senso e la voglia di lavorare… E ancora, burocrazia come intralcio alla buona volontà e capacità della politica e dei politici, loro sì che saprebbero come fare: se non ci fossero i burocrati. E una simile insofferenza colpisce anche quelli che sono indicati a dito, i tecnici e gli esperti, che, anche loro, mettono i bastoni fra le ruote.
Eppure la burocrazia, cioè etimologicamente il potere degli uffici, nasce nello Stato moderno come limite al potere arbitrario del sovrano e dei suoi agenti. Gli uffici burocratici sono istituiti per agire con regole impersonali, pubbliche, non modificabili a piacimento da chi le applica, perché sono proprie dell’ufficio e non della persona che lo occupa. Si tratta dunque di un modo di esercitare il potere che deve garantire i sudditi del sovrano.
Ma ora i sudditi divenuti cittadini non ne vedono più l’origine, né l’apprezzano. Ritardi insopportabili nel ritmo della vita odierna, complessità e ripetitività delle procedure, linguaggio incomprensibile tengono l’azione burocratica lontana dal cittadino, di cui dovrebbe essere al servizio. E’ ben simbolico il vetro che separa l’impiegato seduto allo sportello dal cittadino in piedi e in fila. Il fastidio che ne deriva contraddice il valore originario dell’istituzione di uffici di natura burocratica, ma potrebbe esser di minore importanza, se invece la crisi del valore della burocrazia non derivasse da altro e più grave fattore.
Il problema cresce a dismisura con l’allargarsi delle competenze dello Stato, enormemente più numerose e importanti di quelle minimali delle origini. L’estrema complessità delle procedure, unitamente all’enorme numero delle pratiche da portare a termine, mette in mano alla persona che è titolare del fascicolo (il faldone di carte) un potere discrezionale spesso grande, in diretta contraddizione con l’idea fondatrice di regole oggettive, prevedibili, eguali per tutti. Una discrezionalità nascosta tra una miriade di «atti dovuti» è il terreno ideale dell’arbitrio. E, se non dell’arbitrio, della deresponsabilizzazione, la quale non è frutto malato del sistema, ma è proprio il suo scopo fondante: procedure oggettive prestabilite, che vogliono garantire legalità, ma non si curano del risultato. Quando poi sono in gioco questioni di grande importanza personale o economica per il cittadino o per l’impresa, si vede facilmente come il terreno dell’arbitrio diventi anche quello della possibile corruzione.
La parabola storica della burocrazia è dunque compiuta? Dal contrasto all’arbitrio del sovrano e di chi agiva in suo nome si è giunti all’arbitrio del burocrate? Il servizio al cittadino è divenuto inciampo e disservizio? Tutti noi abbiamo vissuto momenti in cui a queste domande avremmo dato irritata risposta positiva. E tuttavia negli ultimi anni mi pare innegabile che l’accesso all’amministrazione pubblica sia divenuto più facile. L’informatizzazione ha fatto passi avanti, anche se nella fase di passaggio essa per un certo tempo duplica anziché semplificare. Insomma non tutto peggiora, ma anzi si vedono miglioramenti, in certi luoghi, in certe amministrazioni. E d’altra parte la pressione della vita, per come essa ora si svolge, trova soluzioni alternative: i corrieri privati (costosi ed efficienti), la giustizia privata che evita i giudici dello Stato (costosa ed efficiente) sono solo due esempi di una tendenza. Potrebbe essere una soluzione, anche se le grandi imprese private hanno anch’esse la loro burocrazia. Ma chi ne paga il prezzo sono i cittadini più poveri, poveri in denaro innanzitutto. Ed ecco allora che il malumore e l’imprecazione contro tutto ciò che è Stato dovrebbe mutarsi in impegno e pretesa. Vi sono nella nostra società molti movimenti di opinione, capaci di mobilitare persone e ottenere risultati. Le mancate risposte, i ritardi, l’indifferenza burocratica rispetto alle esigenze - i diritti - dei cittadini dovrebbero diventare l’occasione di forti, dignitose, intransigenti azioni di rivendicazione. Una burocrazia efficiente e rispettosa è una necessità democratica.