mercoledì 12 luglio 2017

Il Sole 12.7.17
La legge di cittadinanza terreno minato per il Governo Gentiloni
di
Lina Palmerini

Chi conosce il Senato da tempo e sa quali sono le tecniche di sopravvivenza di un Governo con una maggioranza fragile, non ha dubbi: Renzi sta tirando la corda. E spiega che se il leader del Pd insiste così tanto sullo ius soli in quella terra di nessuno che è diventato Palazzo Madama è perché vuole sfidare la sorte e rischiare la fine di Gentiloni. Quel testo, infatti, è un dito nell’occhio ad Alfano che tra l’altro non ha più il controllo dei suoi senatori già in piena manovra di avvicinamento a Forza Italia. E le trattative - per alcuni - sono anche andate a buon fine. Insomma, se Renzi si ostina nel chiedere al premier di mettere subito in calendario la fiducia sulla legge di cittadinanza, ben sapendo le difficoltà, non è per fare un favore all’Esecutivo. Piuttosto gli lancia un guanto di sfida poco amichevole, consapevole dei pericoli di mandare sotto Gentiloni.
Un pericolo che aumenta se si tiene il piede sull’acceleratore come ha fatto il segretario Pd in questi giorni. Per navigare quel mare serve invece tempo per lavorare e convincere le opposizioni visto che la maggioranza ha numeri troppo ballerini per praticare l’autosufficienza. L’ultimo provvedimento votato ha avuto 129 sì, ben sotto la soglia di sicurezza. Dunque, anche sullo ius soli, o arriva un “aiutino” dalle opposizioni – con assenze strategiche – oppure davvero si apre uno scenario da crisi. Bene, questo lavoro di diplomazia è già in corso sia con Forza Italia che con i gruppi misti e pure con pezzi dei 5 Stelle che sono favorevoli alla legge al di là di quello che ha detto Grillo. I vertici del gruppo Pd al Senato sono insomma impegnati a sminare il campo e hanno bisogno di giorni e di toni bassi e, ogni volta, i rilanci di Renzi non aiutano.
Ad aiutare è piuttosto la resistenza dei senatori alle elezioni e alla fine anticipata della legislatura che continua a tenere in piedi il Governo. Ed è pure il freno di Berlusconi che sembra abbia interrotto la campagna acquisti tra le fila di Alfano proprio per evitare uno scenario di crisi subito. Se - quindi - a sostenere Gentiloni ci sono le opposizioni più che le tattiche un po’ spericolate del leader, una domanda si pone. E ha a che fare con Renzi che sembra dentro un gioco di tenere distinto il Pd dall'Esecutivo e non sembra uscito dalla tentazione di votare il prima possibile. E prova ne sono questi rilanci continui che non sembrano affatto concordati con il Governo: qualche giorno fa c’è stato il guanto di sfida sull’Europa e i vincoli sul deficit (ieri Padoan ha nervosamente chiuso le domande sul tema); poi la spinta sullo ius soli che tra le leggi è quella più insidiosa.
Sembra che il leader Pd abbia detto che se il premier non se la sente di mettere la fiducia al Senato deve assumersene lui la responsabilità e tenerne fuori il Pd: se fosse vero, risponderebbe proprio al disegno di segnare una distanza tra lui e il Governo. Tra il “suo” Pd che pone gli obiettivi senza curarsi del lavoro che tocca fare a Gentiloni per centrarli senza soccombere. Sulla cittadinanza è il premier, per primo, a volerla ma tenendo conto dei tempi e della prudenza che occorre per passare indenne all’esame del Senato. Tocca a Renzi decidere se vuole essere lui ad aiutare il premier o se lascia la scelta al Cavaliere.