venerdì 7 luglio 2017

Il Fatto 7.7.17
L’Ue: “Triton non si cambia”, approdi solo in porti d’Italia
Il protocollo operativo della missione internazionale stabilito già nel 2014
di Giampiero Calapà

“A Tallinn c’è un consiglio informale di ministri dell’Interno europei, quindi non sarà deliberato alcunché in quel consesso semplicemente perché non è un organo deputato a farlo”. Emma Bonino – impegnata nella raccolta firme della campagna “Ero straniero” di Radicali italiani per cambiare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione – dà la seconda mazzata in pochi giorni al governo e alla politica italiana che si sbraccia e agita per presentare l’appuntamento di Tallinn come decisivo sulle sorti del Mediterraneo. Non è in quella sede che poteva essere deciso se altri porti europei si affiancheranno a quelli italiani per gestire emergenza ed accoglienza, ma l’eventualità è stata proprio esclusa dai partner dell’Ue, tanto che il ministro Marco Minniti ha poi ammesso: “Non era la sede giusta”. Inoltre, tra tutte le parole spese ieri in Estonia c’è un passaggio in quelle del commissario agli affari interni dell’Ue Dimitris Avramopoulos che chiarisce tutto: “Il mandato della missione Triton non si cambia, è ben definito. Si tratta di migliorare l’attuazione di quanto già concordato. Fanno già un lavoro molto buono”. Ed è qui che sono cascati gli asini italiano ed europeo, non serviva aspettare Tallinn.
Sempre Emma Bonino, il 3 luglio scorso all’assemblea generale di Confartigianato a Brescia, ha fatto scoprire l’acqua calda al resto della politica italiana con queste parole: “Una delle cose di cui sono più orgogliosa è l’operazione Mare nostrum, perché sono convinta che sui cadaveri non si costruisce niente. Poi non l’abbiamo voluta più perché era troppo cara: nove milioni di euro al mese. Chi è che parlava dei costi della politica? Quindi interviene l’Unione europea, prima con Triton e poi con l’operazione Sophia. Nel 2014 abbiamo chiesto che il coordinamento fosse a Roma alla Guardia costiera e che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia l’abbiamo chiesto noi”. Parole che hanno eccitato i 5Stelle, a tal punto da caricare sul blog di Grillo due giorni fa un post che chiede “la verità su questi accordi indicibili”. E il Giornale che ieri ha titolato in prima pagina: “Invasione voluta da Renzi”.
Non è una storia segreta, ma alla luce del sole nella drammaticità di queste ore con un più 18 per cento di sbarchi rispetto allo stesso periodo del 2016 che allarma il Viminale tanto da organizzare in tutta fretta l’incontro di domenica scorsa a Parigi con i ministri degli Esteri francese e tedesco, Gérard Collomb e Thomas de Maizière, presente anche Avramopoulos.
Solidarietà e buone intenzioni successivamente espresse fino all’appuntamento di Tallinn molte, porti “aperti” da altri Stati europei nessuno. E se non si mette mano a Triton, non c’è verso che questa cosa cambi e magicamente si attrezzino per le emergenze le banchine di Barcellona o Marsiglia. Come spiega, bene, la stessa Bonino: “I piani operativi che riguardano sia Triton sia Sophia prevedono esattamente che il coordinamento di tutti gli sbarchi sia deciso dal centro di Pratica di Mare e che devono avvenire in Italia. Non è un segreto di Stato. Tanto che il ministro Minniti chiederà proprio di rivedere i piani operativi, in particolare quello di Sophia, che rende l’Italia responsabile anche della zona di search and rescue (ricerca e soccorso) non solo su quella di competenza italiana, ma anche su quella decisa da Malta. Non c’è nessun accordo indicibile”, quindi, ma molte responsabilità condivise.
L’operazione Mare nostrum fu decisa dal governo Letta, Emma Bonino ministro degli Esteri e Angelino Alfano all’Interno, il 14 ottobre 2013 come risposta alla terribile tragedia del 2 ottobre, quando morirono 366 persone nel naufragio causato da un incendio su un barcone all’altezza dell’Isola dei Conigli, a Lampedusa. Coinvolti in Mare nostrum: navi e aerei della Marina militare, dell’Aeronautica, dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Capitaneria di porto. A bordo erano presenti personale dell’immigrazione per eseguire già in mare le identificazioni e squadre di medici. Mare nostrum aveva il mandato di ricerca e salvataggio dei migranti naufraghi.
Ad agosto 2014 il governo Letta non c’è più, sostituito nel febbraio 2014 da Renzi che “rottama” Emma Bonino ma si tiene Alfano. L’Italia, quindi, nell’ottobre dello stesso anno si consegna, per spendere meno, alla “solidarietà” degli altri Paesi dell’Ue con l’operazione Triton di Frontex, l’agenzia di Bruxelles per il controllo delle frontiere. Costo: 2,9 milioni al mese contro i 9 che spendeva l’Italia per Mare nostrum e, di fatto, un mandato di vigilanza fino a 30 miglia dalle coste italiane con il primo obiettivo del controllo dei confini e non del salvataggio dei naufraghi. L’accordo, che incassa la benedizione dell’alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue Federica Mogherini, è magnificato da Alfano con queste parole: “L’Europa per la prima volta scende in mare e sarà a presidio delle frontiere. Questo non significa che l’Italia verrà esentata dal presidio delle frontiere, ma che per la prima volta l’Europa prende coscienza che le frontiere a 30 miglia delle coste italiane è una frontiera di tutti”. Peccato che l’accordo accettato dagli altri Paesi dell’Unione ha un protocollo operativo che non esclude i salvataggi, ma prescrive che possano avvenire “con il coordinamento del centro di Pratica di Mare”, quindi su input italiano, solo con “approdi in Italia”.