sabato 15 luglio 2017

Corriere 15.7.17
Il 69% di chi vota M5S non vuole alleati
Il 70% per Di Maio a Palazzo Chigi
Ma metà degli elettori di Lega, Pd e FI apre a un asse con il Movimento
di Nando Pagnoncelli

L o scorso anno, di questi tempi, il Movimento 5 Stelle prendeva il largo nei sondaggi sulle intenzioni di voto grazie alla conquista di Roma e Torino alle elezioni Comunali di giugno che avevano conferito al movimento un’immagine vincente e lo avevano accreditato come una possibile alternativa di governo.
Le Comunali di quest’anno secondo gli italiani hanno avuto un esito diverso: ha vinto il centrodestra mentre Pd e M5S ne sono usciti ammaccati e tutto ciò si è riflesso sugli orientamenti di voto nazionali. I pentastellati si confermano una forza molto competitiva, costantemente alle prese con una testa a testa con il Pd, favorito anche dalla presenza di un centrodestra diviso, ma rispetto a un anno fa registrano un calo di oltre il 4%. Le chance di vittoria del Movimento alle elezioni dividono le opinioni degli italiani: il 5% è convinto che vincerà sicuramente, il 34% lo ritiene probabile mentre il 53% è del parere che non vincerà. I pronostici sono nettamente più favorevoli tra gli elettori pentastellati, anche se coloro che non hanno dubbi sulla vittoria rappresentano solo il 13% a cui si aggiunge una larga maggioranza (73%) di elettori moderatamente ottimisti. Va osservato che tra gli elettorati avversari all’incirca un terzo ritiene probabile la loro vittoria.
Il gradimento
Nel sondaggio abbiamo voluto verificare quale, tra i più noti esponenti del Movimento, sarebbe giudicato il migliore presidente del Consiglio nel caso di vittoria. Luigi Di Maio viene indicato dal 40%, seguito a molta distanza da Alessandro Di Battista (8%), Paola Taverna (2%) e Roberta Lombardi (1%). Circa un intervistato su due, tuttavia, non si esprime in proposito. Gli elettori M5S, in attesa delle consultazioni che si terranno in rete dopo l’estate, sembrano non avere dubbi: ad oggi Di Maio prevale su Di Battista 70% a 21%.
Da ultimo, il tema delle alleanze dopo le elezioni. Dato che gli orientamenti di voto attuali difficilmente fanno presagire il superamento della soglia del 40 per cento si profila l’esigenza di un’alleanza post elettorale.
Le scelte dopo le urne
Con chi dovrebbe allearsi il Movimento per ottenere una maggioranza di governo? Il 40% degli italiani ritiene che dovrebbe rimanere all’opposizione, il 17% con il Pd il 14% con i partiti sovranisti (Lega e FdI) e il 9% con l’intero centrodestra. Tra i pentastellati sembra prevalere «una vocazione minoritaria»: il 69%, infatti, eviterebbe alleanze rimanendo all’opposizione; in subordine il 15% preferirebbe governare con i sovranisti, il 9% con il Pd e il 4% con tutto il centrodestra. Tra gli altri elettorati dei principali partiti prevale nettamente l’ipotesi di un’ alleanza del M5S con il proprio partito: 56% tra i leghisti, 51% tra i dem e 49% tra quelli di Forza Italia.
I passaggi cruciali
Il M5S sta attraversando un passaggio delicato, non tanto per la flessione di consensi che, comunque, al momento non pregiudica la possibilità di vittoria, quanto per il possibile cambio di posizionamento da forza di opposizione a forza di governo. È un passaggio che investe 3 aspetti:
1) Il rapporto con un elettorato molto trasversale, sia per provenienza politica sia per caratteristiche socio demografiche, portatore di domande e aspettative non sempre convergenti; la trasversalità può rappresentare un punto di forza per chi sta all’opposizione ma può tradursi in debolezza una volta al governo, per il rischio di scontentare una parte dei propri sostenitori.
2) Le capacità di governo: stando all’opposizione il derby tra onestà e competenza è tutto a favore della prima, ma in una prospettiva di responsabilità di governo l’estrema complessità dei temi da affrontare potrebbe far prevalere dubbi sulle attuali capacità del ceto dirigente. Inoltre il ricorso a personalità «esterne» con profilo tecnico non è privo di controindicazioni, perché potrebbe indebolire la connotazione politica dell’esecutivo.
3) Le alleanze: fin dalle sue origini il Movimento è vissuto dai suoi sostenitori come unico, diverso dai partiti tradizionali, dotato di forti tratti distintivi (integrità, prossimità ai cittadini, capacità di innovazione), una sorta di Robin Hood della politica. Si tratta di un posizionamento che si è consolidato nel tempo anche a seguito dell’indisponibilità ad accordi con altre forze politiche su specifici temi. Ne consegue che il possibile ricorso ad un’alleanza per poter governare il Paese fa registrare un ampio dissenso, probabilmente nel timore di una «contaminazione» con i partiti tradizionali e del ricorso a compromessi che stravolgerebbero l’immagine e la proposta del Movimento.