mercoledì 12 luglio 2017

Corriere 12.7.17
L’accusa di Renzi a Berlusconi e D’Alema: il Nazareno finì per la loro intesa sul Colle
L’ipotesi di Amato. Ma l’ex leader ds: fantasie, ha reazioni psicotiche. E Brunetta: mente
di Maria Teresa Meli

ROMA La versione di Matteo Renzi: fu un accordo parallelo sul Quirinale tra D’Alema e Berlusconi a far saltare il patto del Nazareno e, di conseguenza, a bloccare l’iter delle riforme. La versione di Massimo D’Alema: «Ricostruzioni fantasiose. Evidentemente Berlusconi ha compiuto un grave errore a parlare di me in presenza di Renzi sottovalutando la reazione psicotica che ci sarebbe stata».
La versione di Renato Brunetta: «Il segretario del Pd mente per l’ennesima volta». La versione dei giornali dell’epoca: D’Alema punta su Amato al Quirinale per mettere in difficoltà Renzi.
Sono passati due anni e mezzo dall’elezione di Sergio Mattarella, che portò alla rottura tra il segretario del Pd e Berlusconi, ma quella vicenda crea ancora polemiche. Il leader del Pd, nel suo libro Avanti , che esce oggi in libreria, fornisce un particolare finora inedito: «Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso immaginarlo, l’ultimo per anni. Perché quando si siede — accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini — mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non dovevo preoccuparmi di niente, perché “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”. Te lo garantisco? Lo stupore colora — o meglio sbianca — il volto di tutti i presenti». Ed è stato in quel preciso istante che Renzi comprese che le riforme sarebbero saltate: «In quel momento — sono più o meno le due del pomeriggio del 20 gennaio — nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi capisco che il patto del Nazareno non esiste più». Renzi nel suo libro non fa il nome del candidato di Berlusconi e D’Alema, ma basta sfogliare i giornali dell’epoca per capire che si tratta di Giuliano Amato.
L’allora presidente del Consiglio era perplesso su quella candidatura, non per il valore della personalità di Amato. Il problema era un altro, come ebbe a dire sempre in quel gennaio del 2015 lo stesso Renzi: «Ho fatto bene i conti con Lotti e con il vento dell’antipolitica Amato verrebbe fatto fuori a scrutinio segreto».
Sui quotidiani del gennaio del 2015 appariva a più riprese quel nome, come venivano riportati i tam-tam di trattative segrete tra la minoranza del Pd e il leader di Forza Italia. E anche il colloquio del 20 gennaio tra Renzi e Berlusconi era apparso sui giornali. Ma nulla era trapelato circa il racconto del numero uno di Forza Italia sulla telefonata con D’Alema.
«C’è un fatto di metodo, prima ancora che di merito — scrive Renzi — io ho scelto un percorso trasparente e partecipato, con tanto di streaming, dentro il Pd e davanti al Paese, per evitare lo stallo del 2013. Sono impegnato in un iter parlamentare difficilissimo per condurre una maggioranza su un nome condiviso. E in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare? E, come se non bastasse, da questo prendere o lasciare dipende la scelta e continuare o meno con il percorso di riforme, che pure erano state scritte insieme».
Ciò nonostante, Renzi nel libro confessa che Berlusconi «non mi starà mai antipatico»: «Sul Quirinale però non potevo consentire né a lui né a D’Alema di sostituirsi al Parlamento e decidere per tutti. La simpatia è una cosa, la politica è un’altra». E la politica lo porta, in serata, a rispondere con un classico «Di chi?» alla richiesta di un commento a dichiarazioni di D’Alema.